Carta di Napoli: necessaria ed essenziale

Il 18 marzo di quest’anno si è svolto a Napoli il primo Festival Euromediterraneo dell’Economia; sono stati relatori sei ministri della Repubblica, quattro presidenti delle Regioni del Mezzogiorno, una nutrita rappresentanza di parlamentari europei e di dirigenti degli uffici dell’Unione europea, l’ex presidente della Commissione europea Prodi e un numero davvero numeroso di manager delle più grandi aziende di Stato e private. Insomma, un grande successo sia per i contenuti dei vari interventi, sia per il livello del dibattito ricco di interessanti indicazioni programmatiche. Coloro che avevano collaborato nella definizione delle aree tematiche da inserire nell’intero Festival, alla fine dell’evento, proposero anche la redazione di una apposita “Carta di Napoli” che potesse contenere, tra l’altro, i riferimenti chiave che avevano caratterizzato i due giorni del Festival. Di seguito provo ad elencare i punti:

– Con il Festival Euromediterraneo (Feuromed) è cambiata la narrazione sul Sud e sul suo ruolo nel Mediterraneo, ne sono un esempio la misurabile crescita industriale del Sud, il proliferare di piccole e medie imprese, un numero di start up paragonabile al Nord;

i lavori del Festival vorremmo che entrassero nel redigendo Def e con una cadenza trimestrale anticipassero i prossimi Def;

– A Napoli si è riaccesa la volontà a programmare e a pianificare nel medio e lungo periodo. Si è riaccesa la lungimiranza;

– la piattaforma energetica e logistica del nostro Paese dopo l’incontro di Napoli dispone non più di idee ma di proposte chiave e misurabili;

– per la prima volta la trasversalità dei partecipanti e degli interventi testimonia la volontà a superare la logica degli schieramenti.

Alcune proposte:

le 30 Università fra loro interagenti;

l’autonomia finanziaria dei porti;

la trasformazione in Spa delle attuali gestioni portuali;

una interazione funzionale tra porti, interporti e mercati;

– il rispetto dei tempi nell’attuazione delle scelte;

– il ruolo determinante del capitale umano.

In fondo, a Napoli si è andati oltre il Pnrr, oltre il Pnc, oltre il Fondo di Sviluppo e Coesione perché è emersa la volontà ad interpretare la nuova narrazione. A Napoli ci si è convinti ancora di più che le fonti principali della crescita sono le idee e questo mette insieme il capitale umano al capitale immateriale e sociale. Con la crescita dell’intera economia europea si ridimensionano le differenze e questo rappresenta un punto di forza per il Sud. Una simile linea strategica offre un grande respiro ai programmi di medio e lungo periodo ed in particolare le scelte che rivestono una dimensione comunitaria diminuiscono il gap esistente con il Mezzogiorno.

Questi punti possono sembrare anche intuizioni banali ma, nel momento in cui sono il risultato di un dibattito aperto ricco di contributi ampiamente carichi di una consolidata esperienza, diventano una grande occasione per dare vita ad un processo pianificatorio che sicuramente risponde ad esigenze vissute, ad esigenze condivise.

Personalmente sono contrario allo strumento del “dibattito pubblico” nell’approvazione dei progetti delle opere infrastrutturali. Sono contrario perché penso che nel nostro Paese sia sufficiente lo strumento della “Conferenza dei servizi”; tale strumento, imponendo il coinvolgimento degli amministratori locali (Regioni, Province e Comuni) delegati formalmente a esprimere un parere già approvato nel relativo organo istituzionale locale, è sicuramente ampiamente garantista di un misurabile coinvolgimento dei fruitori delle scelte infrastrutturali.

Invece, un Festival dell’Economia come quello che si è svolto a Napoli il 18 marzo di questo anno può, a mio avviso, essere un’ottima occasione non per condividere o bocciare un determinato intervento ma per avallare o bocciare una determinata linea strategica; in realtà, come si evince dal punto 2 la Carta di Napoli può diventare un utile “Allegato al Documento di Economia e Finanza”. Può diventare qualcosa di simile all’Allegato Infrastrutture che, in fondo, rappresenta l’evoluzione dei processi decisionali definiti attraverso la Legge 443/2001 (Legge Obiettivo) e quindi le conclusioni del Festival potrebbero essere un contributo diretto del mondo pubblico e del mondo privato, un contributo prodotto proprio attraverso i lavori di un trasparente dibattito.

D’altra parte, non possiamo non ricordare i fallimenti prodotti da ex ministri del Sud e della Coesione territoriale come Barbara Lezzi, Giuseppe Provenzano o Mara Carfagna che, con i loro impegni programmatici o con un apposito Piano per il Mezzogiorno o con i grandi convegni come quello di Sorrento hanno, praticamente, concluso la loro esperienza senza aver lasciato nulla, se non un grande e misurabile contributo mediatico.

Quindi, bisognerà subito lavorare su almeno quattro distinti fronti:

mettere a punto, in modo articolato, con il supporto di vari allegati, i contributi prodotti dai partecipanti pubblici e privati;

estrarre da tutti gli atti una sintesi utile da inoltrare al Governo in modo da poter costituire, se condiviso, un possibile Allegato alla Nota aggiornata del Documento di Economia e Finanza (Nadef);

allegare le proposte che sono già supportate da approfondimenti e in alcuni casi da applicazioni concrete come quello delle 30 Università o delle Spa delle autorità portuali;

preparare le basi per il prossimo Festival Euromediterraneo di Napoli che potrebbe, solo a titolo di esempio affrontare il tema della interazione tra il Corridoio delle Reti Ten-T Helsinki-La Valletta e il sistema delle potenzialità strategiche del Mezzogiorno.

Sono solo proposte che, giustamente, saranno oggetto di dibattito da parte degli organizzatori e che penso, però, testimonino, ancora una volta il successo di una interessante esperienza come quella di Napoli, di una apprezzabile occasione per riattivare la macchina propositiva per il rilancio del Sud. Una macchina che la passata legislatura aveva praticamente spento.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 19 giugno 2023 alle ore 11:21