Piano generale dei Trasporti: quel respiro del 1984

Nel 1984, anno in cui si avviarono i lavori del Piano generale dei Trasporti, si ipotizzò un nuovo assetto del Paese, un nuovo assetto dell’Unione europea (nel 1984 formata da 12 Paesi) con un respiro temporale di almeno trent’anni, cioè con un impianto programmatico di medio e lungo periodo calibrato per l’anno 2005. E in fondo le scelte, non solo quelle legate alla riforma della Pubblica amministrazione come il Ministero unico delle Infrastrutture e dei Trasporti invece di quattro Dicasteri (Trasporti, Marina mercantile, Aree urbane, Lavori pubblici), la trasformazione di Anas e di Ferrovie dello Stato in Società per Azioni, ma anche quelle relative all’offerta infrastrutturale come la realizzazione di quattro nuovi valichi ferroviari – mille chilometri di asse ferroviario ad alta velocità, 7 impianti interportuali, 12 aree metropolitane, sette sistemi portuali e la scelta di realizzare nuovi reti metropolitane (nel 1984 avevamo solo 45 chilometri, oggi ne abbiamo 260 chilometri) – testimoniano la forza e la incisività di una scelta programmatica di medio e lungo periodo.

Sono, cioè, tutti esempi di un quadro programmatico definito con il Piano generale dei Trasporti nel lontano 1986 e in parte realizzati o in corso di realizzazione. Oggi cosa stiamo immaginando per i prossimi trent’anni? La risposta, purtroppo, è nulla. Stiamo rincorrendo una scadenza non di medio, non di lungo periodo ma di brevissimo periodo, cioè il 31 dicembre del 2026.

Prende cioè corpo un vero paradosso: da un lato, l’esigenza di disegnare scenari di lungo periodo e, dall’altro, la certezza che le linee strategiche disegnate possano mantenere, nel tempo, non tanto la sostenibilità in termini di attualità quanto la coerenza ad una determinata linea programmatica. Un simile approccio deve, tra l’altro, tener conto delle evoluzioni strutturali che proprio in questi trent’anni, grazie all’impegno lungimirante sia del nostro Paese che dell’Unione europea, ha dato origine a un nuovo teatro socio-economico. Non possiamo dimenticare infatti che:

l’Unione europea da 12 Stati è passata a 27 Stati;

l’identificazione di 9 Corridoi comunitari che ormai rappresentano la griglia infrastrutturale dell’intero assetto comunitario;

una revisione sostanziale della copertura finanziaria di tali Corridoi (fino al 20 per cento per le opere delle Reti Ten-T e fino al 40 per cento per i valichi);

la revisione della offerta portuale, aeroportuale ed interportuale;

la nuova logistica e la supply chain;

le Città metropolitane;

– i cambiamenti del Mediterraneo con le nuove portualità di Damietta, Pireo e Algeciras;

– il Piano One Belt One Road (Via della Seta) e il Build Back Better World, lanciato dal G7 e sostenuto dagli USA e il Global Gateway dell’Unione europea.

Né possiamo dimenticare, però, due eventi che hanno prodotto pesanti danni alla crescita come la pandemia e l’invasione della Ucraina da parte della Russia con la contestuale esplosione di criticità sull’approvvigionamento energetico e sull’aumento dei costi delle materie prime

Basterebbe leggere questo nuovo assetto, basterebbe approfondire le varie tessere del nuovo mosaico socio-economico mondiale, per costruire uno strumento che si trasformerebbe in Action Plan, cioè in uno strumento di riferimento in cui le scelte identificate e i tempi necessari per attuarle potrebbero trasformarsi in un obbligato riferimento per chi è preposto alla gestione di una iniziativa, che non può ricadere nelle competenze di un singolo Dicastero ma, come avvenuto solo ultimamente con il Pnrr, deve rientrare in una competenza organica della presidenza del Consiglio.

Ma mentre è facile definire ed eleggere una unica governance, è difficile identificare i milestone di un simile atto pianificatorio di lungo periodo e, al tempo stesso, assicurare le condizioni, sia di continuità temporale delle scelte che di reale e misurabile copertura finanziaria delle stesse.

Ricordo che nel 2001 il Governo approvò la Legge 443 (Legge Obiettivo) e nel 2002 provvide subito a garantire una adeguata copertura nel tempo di un programma il cui respiro temporale era praticamente di venti anni. Oggi, per assicurare una certezza nel tempo della copertura dell’intero atto pianificatorio, come proposto più volte, basterebbe prevedere, per Legge, una quota fissa del Pil annuale (4-7 per cento). Cerchiamo ora di effettuare un primo tentativo prospettando i possibili milestone:

– Una reinvenzione funzionale dei servizi offerti, una reinvenzione obbligata perché nei prossimi 20 anni assisteremo ad una sostanziale modifica di alcuni servizi, come, a titolo di esempio. Cioè:

il pendolarismo ferroviario e stradale;

l’offerta qualitativa dei servizi sanitari e l’evoluzione della nuova assistenza sanitaria;

la nuova offerta scolastica e le nuove modalità di insegnamento;

la distribuzione delle merci all’interno ed all’esterno dell’urbano;

l’evoluzione delle forme di mercato nell’intero sistema Paese;

– la nuova fascia delle persone con problemi legati all’età avanzata.

Questo è il milestone che dovrà avere la massima carica lungimirante in quanto sicuramente assisteremo a delle evoluzioni oggi difficilmente immaginabili;

– Il recupero funzionale del territorio, cioè la reale messa in sicurezza di una realtà che, in assenza di un’operazione sistematica e diffusa, produce un danno sempre più crescente soprattutto in occasione di eventi atmosferici e tellurici e ogni ritardo incrementa ulteriormente i costi manutentivi. Un’azione del genere deve essere legata ad una pianificazione di medio e lungo periodo;

– il contenimento della produzione di Co2e questo sia attraverso azioni mirate alla rivisitazione sostanziale dei sistemi di condizionamento delle abitazioni, sia attraverso una rivisitazione degli impianti industriali, sia attraverso una reinvenzione sostanziale dell’intero sistema legato alla mobilità delle persone e delle merci;

– il ricorso alla digitalizzazione attraverso un processo di diffusione organica dei servizi e delle funzioni che la digitalizzazione offre da subito e che offrirà negli anni futuri. Definendo e simulando sin da ora i cambiamenti sostanziali delle abitudini di tutti coloro che, direttamente o indirettamente, in qualsiasi fascia d’età, utilizzeranno prodotti informatici davvero rivoluzionari e, allo stato, ancora non immaginabili;

– la rilettura sostanziale dell’urbano, cioè il rapporto tra la scelta di abitare in una determinata città o, grazie ai sistemi di collegamento veloci o ai collegamenti da remoto, in distinte realtà urbane. In questo diventa fondamentale la coscienza di essere cittadini non solo del nostro Paese ma dell’Unione europea. Anche questo milestone è quello che subirà evoluzioni allo stato inimmaginabili;

– il coinvolgimento organico degli altri Paesi dell’Unione europea, l’ormai convinta coscienza che disegnare scenari coerenti a quanto indicato nei punti precedenti non rientra più nella volontà pianificatoria di un singolo Paese, nella volontà pianificatoria di un ambito fisico circoscritto. In questo, sono sicuro, se ne avvantaggerà la grave anomalia posseduta dal nostro Paese e relativa al Mezzogiorno; sicuramente un approccio del genere farà uscire il nostro Sud da una pesante e consolidata ghettizzazione.

Nasce così la prima modifica sostanziale nella modalità con cui d’ora in poi tenteremo di “pensare” e di “pianificare” nel medio e lungo periodo: dobbiamo in realtà abbandonare una visione pianificatoria nazionale e, come avvenuto per le Reti Ten-T, immaginare una possibile pianificazione a scala comunitaria. A tale proposito, come ho ricordato più volte, è opportuno analizzare le evoluzioni di tale esperienza; in particolare di quella del 2005 e di quella del 2013. Nella prima esperienza la pianificazione si limitava ai “Corridoi” cioè ai cordoni ombelicali che, attraversando più Paesi, diventavano la rete portante dell’intera offerta infrastrutturale dell’Unione europea (a 27 Stati). Quindi si avviava, senza dubbio, una interessante azione strategica, tra l’altro supportata da una interessante analisi macroeconomica della Bei, ma limitata essenzialmente al recupero delle reti ferroviarie ed al superamento di vincoli fisici attraverso la realizzazione di nuovi valichi. Ma una azione programmatica forse poco organica.

Nella edizione del 2013, invece, ai Corridoi (ridotti da 31 a 9) si aggiunsero sia i nodi logistici (porti, aeroporti ed interporti) che i nodi metropolitani. L’edizione del 2013 è diventata in tal modo una vera base di riferimento ed ha anche affrontato, solo parzialmente, il difficile tema dell’arco temporale in cui garantire l’attuazione delle varie scelte e la relativa copertura (il Fondo delle Reti Ten-T non superava infatti i 30 miliardi di euro contro una esigenza relativa alle cosiddette “opere essenziali” di 230 miliardi di euro). Fra qualche giorno disporremo della nuova edizione delle Reti Ten-T e dalle prime anticipazioni apprendiamo che non sono stati ancora chiariti i due punti critici: la validità temporale e la certezza delle coperture.

Ma questo approccio, anche se contiene un ampio respiro strategico, non affronta tutti i milestone ipotizzati prima, tuttavia sarebbe già un grande risultato se accettassimo di trasferire il ruolo e le funzioni della pianificazione all’Unione europea, se scegliessimo, come garante della identificazione delle risorse necessarie e del reale accesso nelle sedi opportune per poterne disporre, la Banca europea degli Investimenti, se istituissimo una governance unitaria per produrre, entro un biennio, una tessera pianificatoria coerente a quel mosaico che prima o poi l’Unione europea vorrà redigere, sì di quello strumento che forse chiameremo: “Il Nuovo Masterplan della crescita dell’Unione europea”.

In fondo, se riuscissimo a definire e ad attuare la serie di finalità strategiche prima elencate produrremmo un sostanziale aumento del Pil dell’intera Unione europea e, soprattutto, rivedremmo i Piani e i Fondi come il Pnrr, come i Fondi di Sviluppo e Coesione, come lo stesso Repower, li rivedremmo in un’ottica completamente diversa, perché verrebbe meno una logica spartitoria fuori dal tempo, fuori dalla serie di evoluzioni e di involuzioni che il contesto internazionale ha vissuto e vive, con una velocità completamente slegata da interessi e finalità di parte.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 15 giugno 2023 alle ore 11:28