La pressione fiscale è la moira della libertà

Una delle più grandi patologie endemiche del sistema Italia è l’elevata pressione fiscale, che strozza le imprese e impedisce alle stesse di poter investire e crescere, sempre che prima non le abbia portate in uno stato di crisi o di insolvenza.

La bassa competitività nel fare impresa in rapporto con le altre nazioni è causata proprio da questa “spada di Damocle”, che rende l’Italia una nazione poco attraente per gli investimenti esteri. L’Italia è un Paese in cui la riduzione del cuneo fiscale è solamente uno strumento elettorale per ricevere consenso durante le elezioni politiche, ma che ai fatti risulta poi essere sempre e solamente una chimera per ogni politica economica e tributaria di ciascun governo di qualsiasi colore politico di appartenenza. Se l’eccessiva pressione fiscale è inversamente proporzionale alla riduzione dell’evasione e dell’elusione fiscali, l’Italia vanta tanto un’invadenza della prima, quanto l’assenza della seconda. Proprio da questo contesto economico e tributario emerge la nuova riforma fiscale, che con diverse disposizioni attuative cercherà di cambiare radicalmente il succitato dannoso sistema. A tale riguardo ho avuto il piacere di intervistare il consigliere della Camera Tributaria di Roma, l’avvocato Guerrino Petillo, al quale ho posto le seguenti domande.  

Quali sono le principali novità che saranno introdotte dalla prossima riforma fiscale?

A mio avviso la principale novità riguarderà il cosiddetto concordato preventivo, ovvero, la possibilità per il contribuente di accettare la proposta che gli verrà formulata dall’Agenzia delle Entrate riguardante la tassazione per i prossimi due anni. Lo Stato, per formulare la proposta, ovviamente si baserà sui risultati derivanti dalla somma di notizie disponibili sul contribuente. Appare però chiaro, ad esempio, che un contribuente che avrà dichiarato, utilizzando il sistema forfettario 65mila euro di ricavi ed avrà versato 8mila euro a titolo di Irpef, salve notizie non concilianti, provenienti dalle banche dati, riceverà la proposta di pagare la stessa somma per i prossimi due anni. È altrettanto chiaro che se il contribuente accetterà la proposta e poi, negli anni successivi, i suoi ricavi scenderanno a 45mila euro, risulterà svantaggiato. Qualora invece egli consegua ricavi per euro 85mila avrà conseguito un notevole risparmio di imposta. In ogni caso il contribuente che aderisce al concordato preventivo, non sarà sottoposto ad alcun controllo fiscale. Tanto premesso ritengo che, in questa fase economica di ripresa anche se tenue, ad un contribuente motivato e in buona salute fisica convenga valutare con attenzione questo importante strumento.

L’accorpamento delle aliquote apporterà vantaggi al contribuente?

La fase in cui si trova la prossima riforma fiscale non consente, ad oggi, di comprendere se l’accorpamento farà conseguire vantaggi o svantaggi al contribuente. Occorrerà prima capire quali detrazioni e/o deduzioni verranno soppresse o implementate. È solo da un confronto tra le nuove aliquote e le deduzioni e detrazioni soppresse o implementate, che ciascun contribuente potrà comprendere se ha beneficiato o non della riforma fiscale.

Al postutto, in ultima analisi, nessuna economia potrà mai crescere se molto più della metà dei profitti di chi produce andrà perso nelle casse dello Stato, nessun benessere nazionale si potrà mai creare se il dovere costituzionale di contribuire in modo proporzionale e progressivo al pagamento delle tasse sarà così pressante da minare la libertà economica del cittadino, perché quando tale libertà viene compromessa si perdono tutte le altre libertà individuali, a vantaggio della dittatura del collettivismo, ossia dello statalismo.

Solve et repete”

Aggiornato il 11 maggio 2023 alle ore 10:32