I contratti collettivi di lavoro e le responsabilità dei sindacati

L’articolo 36 della Costituzione italiana recita: “Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla propria famiglia una esistenza libera e dignitosa”.

La legge fondamentale fissa un principio sacrosanto! Il quarto comma dell’articolo 39 della Costituzione stabilisce che “i sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione ai loro iscritti, stipulare i contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce”. L’importo dello stipendio o del salario è quindi il risultato della negoziazione tra i rappresentanti dei datori di lavoro e dei sindacati maggiormente rappresentativi. Se la remunerazione del lavoro è quella in essere nel nostro Paese, coloro che ne hanno la responsabilità (per primi i sindacati confederali) sono le parti sociali che hanno sottoscritto i contratti valevoli erga omnes.

La Costituzione non parla di lavoro precario o di contratti a tempo indeterminato ma si riferisce ad “una retribuzione proporzionale alla quantità e qualità del suo lavoro”. L’importo minimo della retribuzione viene stabilito dalle parti sociali (organizzazioni dei datori di lavoro e dei sindacati con il maggior numero di iscritti) con la sottoscrizione dei rinnovi contrattuali. È possibile una contrattazione di secondo livello nelle singole aziende e il contratto integrativo aziendale deve sempre essere migliorativo rispetto a quello nazionale. La ratio della norma fissava un principio base ossia quello che il contratto non doveva esporre il lavoratore alla legge della domanda e dell’offerta di lavoro; in quanto le economie di mercato sono regimi politici di sottoccupazione e quindi è considerato fisiologico un tasso di disoccupazione entro il 5 per cento della forza lavoro attiva ovvero chi vive in Italia ed ha un’età compresa tra i 16 e i 67 anni.

Pertanto, l’offerta di lavoro in generale è sempre superiore alla domanda, ciò nonostante la retribuzione non può scendere al di sotto dei limiti fissati dai contratti collettivi. La Repubblica è fondata sul lavoro e non sul reddito di cittadinanza e sulla spesa pubblica, senza le opportune coperture. Forme di ammortizzatori sociali universali sono indispensabili per il sostegno al reddito solo quando la disoccupazione è involontaria. Il sostegno al reddito dev’essere corrisposto a chi non ha temporaneamente un’occupazione e non esistono ammortizzatori sociali sine die. I sindacati confederali invece di fare politica si occupassero dei loro iscritti. La Costituzione italiana non contempla “il diritto al lavoro dei sogni”, né tantomeno l’assistenza dello Stato a vita!

Aggiornato il 03 maggio 2023 alle ore 10:03