Riforma del Patto di stabilità: non tutti i mali vengono per nuocere

Il progetto di riforma del Patto di Stabilità e di “crescita” che ha regolato e condizionato le politiche di bilancio degli ultimi venti anni dei paesi membri dell’Unione europea, prevede nelle prime bozze, la conferma dei vincoli fissati nel trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992. Gli schieramenti sono sempre gli stessi: i cosiddetti “frugali, Germania e paesi del nord Europa e gli altri più propensi a margini di flessibilità. Trattato che è stato l’atto formale propedeutico alla nascita della moneta unica euro e quindi uno della Banca centrale europea. I vincoli di deficit vengono confermati al 3 per cento del Pil e l’indebitamento complessivo deve perseguire l’obiettivo di un rapporto non superiore al 60 per cento del Reddito nazionale lordo. Vincoli che furono decisi su imput di funzionari dell’Unione europea e che non avevano e non hanno alcun fondamento scientifico. Parametri che nei periodi di crisi finanziaria ed economica vennero definiti “stupidi”.

Le modifiche proposte prevedono un rientro del debito dello 0,5 per cento annuo del Pil in un periodo che va da un minimo di 4 anni ad un massimo di 7 anni. L’incidenza della riduzione dell’indebitamento varia da un minimo di 7, 8 miliardi l’anno a un massimo di 15 miliardi. Il governo non si è fatto cogliere impreparato. Infatti, la correzione dei conti è prevista nel Def in vista del piano di riforma del patto di stabilità. L’unico elemento non previsto, nel documento di economia e finanza, è l’esclusione dai parametri la parte degli investimenti previsti del Pnrr. Che l’Italia deve perseguire un significativo rientro dal debito monstre, che si è accumulato negli anni ed esploso durante la pandemia, è una esigenza improcrastinabile. Ne è ben consapevole il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti che dal suo insediamento a via venti settembre si è dato come obiettivo. Non amo quello che è stato definito il “vincolo esterno” che è stato lo strumento di pressione sugli esecutivi in Italia.  

Vincoli di bilancio, laschi durante i governi di centrosinistra e/o governi tecnici, feroci quando alla guida dell’esecutivo c’è stato un politico di centrodestra. Non tutti i mali vengono per nuocere. Il governo potrà sfruttare l’esigenza di rispettare i parametri del patto di stabilità operando sul lato della riduzione delle provvidenze pubbliche, agevolazioni fiscali e bonus che nel 2022 hanno raggiunto la cifra record di 108 miliardi di euro. Il Sole 24 ore lo ha definito un “tesoretto”. L’eliminazione dei privilegi, che si sono stratificati nel tempo, per alcuni settori dell’economia, in danno di altri, e comunque pagati da tutti i contribuenti, libererebbero risorse per rispettare i vincoli esterni del patto di stabilità. La politica di riduzione del deficit e del debito toglierebbe argomenti anche le screditate agenzie di rating che ciclicamente attaccano i nostri titoli sovrani. Una politica di bilancio rigorosa sul lato delle spese e delle provvidenze pubbliche, taglierebbe le unghie alla speculazione sui nostri titoli pubblici con effetti positivi sui tassi e quindi sulla spesa per il servizio del debito pubblico. Appunto, non tutti i mali vengono per nuocere!

Aggiornato il 28 aprile 2023 alle ore 09:54