Meno liberi con la digitalizzazione della società

Pare che in un futuro prossimo i servizi resi dai grandi player internazionali del web obbligheranno gli utenti di internet a pagare per poter utilizzare le loro attività. L’uso coattivo da parte dei cittadini, circa l’utilizzo delle “tecnologie digitali” per poter fruire dei servizi che gli Enti pubblici devono rendere ai cittadini contribuenti, sta per diventare una nuova tassa surrogata che dovranno pagare gli italiani a beneficio di realtà che ci hanno reso sudditi.

La cosiddetta digitalizzazione erga omnes della Pubblica amministrazione ha aperto una autostrada per i big di internet nel realizzare ancora maggiori profitti. Sono organizzazioni che possiedono informazioni che, ovviamente, utilizzano per ottenere ulteriori guadagni dalla vendita della miniera inesauribile che sono i dati personali degli utenti-sudditi.

Perché lo Stato non si è dotato di una compagnia pubblica in grado di fornire gli stessi servizi, se poi obbliga i cittadini ad usufruire delle prestazioni della Pubblica amministrazione solo online? I contribuenti che pagano le imposte e le tasse per fruire dei servizi, che già saldano con le imposte, dovranno corrispondere una ulteriore gabella alle imprese multinazionali private, per poter avere quanto gli è legalmente dovuto. Già oggi il contribuente, oltre al pagamento di imposte, tasse e contributi deve sostenere spese per avere la Smart card funzionale all’invio dei dati al registro delle imprese. E dotarsi dello Spid per “dialogare” con la Pubblica amministrazione. I professionisti devono pagare agenzie di servizi per avere il supporto informatico per la “firma digitale”, indispensabile per comunicare con la pubblica amministrazione.

La Pec, quando è stata istituita, era obbligatoria solo per i professionisti iscritti a un albo professionale. Successivamente, è stata resa inderogabile per le imprese e le società iscritte al registro delle imprese e diventerà presto indispensabile anche per tutti gli altri italiani. Di fatto, la digitalizzazione ci ha reso sudditi di imprese private che operano in condizioni di monopolio o di oligopolio. Prima di subire la violenza di una tecnologia, che molti di noi non hanno richiesto e non vorrebbero, era possibile interloquire con un pubblico dipendente, pagato con le nostre imposte, per risolvere i problemi del cittadino contribuente.

Se l’algoritmo elaborato dal programmatore software, strutturato per gestire il servizio di assistenza, non prevede la casistica del problema da risolvere, diventa una difficoltà insormontabile. Le prime avvisaglie si sono avute quando, al posto dell’operatore umano, le compagnie telefoniche, le banche, le assicurazioni e gli enti erogatori delle utenze hanno iniziato a utilizzare robot che ti mandano in paranoia, prima di riuscire a parlare con qualcuno che è in grado di risolvere il problema.

Ciliegina sulla torta: l’obbligo di avere un costoso conto corrente bancario perfino per ricevere il pagamento dello stipendio o del salario, perché deve essere tracciato e l’obbligo di pagamento con strumenti surrogati della moneta legale come la moneta elettronica. Il tutto per permettere a uno Stato, che ti considera un delinquente fino a prova contraria, di controllare qualsiasi tua operazione. La digitalizzazione coattiva della società è di fatto diventata il “grande fratello” al servizio di uno Stato illiberale, che ti potrà controllare dalla culla – con il rilascio del codice fiscale – fino alla tomba!

Aggiornato il 18 aprile 2023 alle ore 10:01