Avere risorse ma non realizzare le infrastrutture: incomprensibile paradosso

Ci eravamo convinti che la soluzione della carenza della offerta infrastrutturale, che il superamento della crisi relativa alla assenza di adeguate reti ferroviarie e stradali, che la realizzazione di nodi aeroportuali, portuali e interportuali, che la costruzione di reti metropolitane e di riassetto funzionale della mobilità nelle grandi e medie realtà urbane fosse possibile solo grazie alla disponibilità di adeguate risorse finanziarie e, soprattutto, di risorse davvero disponibili.

Dal 2014 a oggi, cioè in meno di dieci anni, per i grandi interventi strategici del comparto infrastrutture, sì per le reti ferroviarie, stradali, per i nodi logistici (porti, interporti, aeroporti), per le reti metropolitane, abbiamo potuto disporre su un quadro di risorse davvero rilevante (come si evince dalla tabella).

Per le sole infrastrutture, quindi, abbiamo accumulato in questi anni un quadro di disponibilità di circa 248 miliardi di euro; tutte queste rilevanti disponibilità hanno prodotto, finora, una spesa reale di poco più di 13 miliardi di euro; una spesa relativa solo ad alcuni interventi progettati e approvati, addirittura, sin dal 2003, cioè venti anni fa grazie alla Legge Obiettivo. Abbiamo vissuto direttamente un grande paradosso: disporre di rilevanti risorse e non essere in grado di spenderle. Forse sono diventato noioso e ripetitivo ma è arrivato il momento per interpretare, per capire la grave crisi di ciò che siamo soliti definire la “Macchina dello Stato”. In realtà, di quella “Macchina dello Stato” che dal 2002 al 2014 era riuscita a spendere, era riuscita ad aprire cantieri relativi a interventi per un volano di risorse superiore ai 140 miliardi di euro.

Non possiamo ormai dubitare dell’incapacità ad attivare la spesa da parte dei Governi che si sono avvicendati, cioè dei Governi presieduti dai presidenti del Consiglio Renzi, Gentiloni, Conte 1 e 2 e Draghi. Ma entriamo di più nel merito e cerchiamo di capire se le responsabilità debbano essere addossate alla incapacità degli organi istruttori centrali e locali oppure al crollo della funzionalità delle stazioni appaltanti ormai non più in grado di aprire in tempi certi i cantieri. Oppure, come più volte da me ribadito, sarà stata la volontà dei governi prima richiamati nell’utilizzare le risorse solo in conto esercizio per dare attuazione a scelte come il “reddito di cittadinanza”, il “quota 100” e “l’incremento dei “salari minimi”?

Mi convinco sempre più che la vera causa vada ricercata nel fatto che soddisfi di più l’annuncio, paghi di più la esposizione programmatica, la certezza della disponibilità delle risorse, specialmente poi se tale certezza sia garantita anche dall’Unione europea, paghi di più il coinvolgimento della gente, dei possibili fruitori di opere che si faranno in futuro, si anche di opere che poi rimarranno solo promesse. In fondo, siamo in presenza di un paradosso che conferma una triste e vecchia affermazione: “Conviene più apparire che essere”.

Ci eravamo, in realtà, abituati a un simile codice comportamentale perché, analizzando attentamente le evoluzioni e le involuzioni che avevano caratterizzato l’assetto istituzionale negli ultimi dieci anni, forse non ci eravamo accorti che in un arco temporale di dieci anni si erano succeduti i seguenti Governi diretti, come detto prima, da: Renzi, Gentiloni, Conte 1 e 2 e Draghi. Cioè governi con una vita media di appena due anni e, quindi, il loro vero obiettivo era quello di regalare solo mediaticamente risorse che producessero consenso nel breve periodo anche se poi non avrebbero prodotto risultato, anche se non avrebbero prodotto ricchezza infrastrutturale per la crescita del Paese, anche se non avrebbero incrementato il Pil, anche se, purtroppo, avrebbero assicurato, nel tempo, la decrescita del Paese.

Perciò, non credo che la motivazione di questa stasi nella spesa sia da ricercare nella incapacità delle nostre imprese, sia da ricercare nella incapacità delle nostre società di progettazione, sia da ricercare nel vasto numero di stazioni appaltanti, soprattutto, nello scegliere i realizzatori delle opere.

Ora, però, almeno sulla base di quanto assicurato dalla stessa premier Meloni, questo che stiamo vivendo dovrebbe essere un Governo di Legislatura e quindi un Governo che, come ho ricordato un mese fa, dovrà presentare un bilancio di fine Legislatura che non potrà invocare gratuite giustificazioni; per questo Governo, quindi, il futuro non sarà di competenza di altri e non sarà possibile motivare giustificazioni. Prende corpo così una obbligata constatazione: la coscienza di essere alla guida dello Stato fino alla fine della Legislatura certamente annullerà l’assurdo paradosso vissuto per quasi dieci anni.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 14 marzo 2023 alle ore 16:14