L’inflazione si avvia verso una “graduale flessione”. Ma la dinamica dei prezzi resta “più sostenuta” dell’aumento dei salari, causando di fatto per i consumatori una “rilevante perdita di potere d’acquisto”. L’allarme viene lanciato dall’Ufficio parlamentare di Bilancio nella Nota sulla congiuntura di febbraio, in cui aggiorna le previsioni per il biennio 2023-24 e avverte sul fatto che lo scenario macroeconomico dell’economia italiana è “circondato da un’incertezza ancora molto ampia”. Nel quadro delineato dall’Upb la crescita dell’economia è confermata per quest’anno in deciso rallentamento allo 0,6 per cento (dal +3,9 per cento del 2022). Mentre per il 2024 è rivista lievemente al rialzo all’1,4 per cento (+0,1 punti percentuali), “ipotizzando il progressivo miglioramento del contesto geopolitico ed economico internazionale”. Una stima, in linea con quella del governo per quest’anno ma non per il prossimo, visto che la Nadef indica per il 2024 un +1,9 per cento. Per quanto riguarda i prezzi, l’Upb prefigura un “graduale riassorbimento” dell’inflazione.
L’andamento degli ultimi mesi del 2022 sembra suggerire “che il picco sia ormai superato anche per il nostro Paese”: la dinamica “fletterebbe gradualmente”, ma “sarebbe ancora superiore al 2 per cento l’anno prossimo”. Il calo inoltre, avverte l’Upb, è dovuto alle componenti più volatili, soprattutto energetiche, mentre l’inflazione di fondo continua ad aumentare. Inoltre, la dinamica dei prezzi resta più sostenuta rispetto alla crescita dei redditi da lavoro dipendente, con la conseguenza di una forte erosione del potere d’acquisto. Un fenomeno che si è visto già in autunno, con i consumi delle famiglie finanziati soprattutto dai risparmi. E così la spesa degli italiani, che lo scorso anno è aumentata di oltre quattro punti percentuali, nella media del 2023 e del 2024 dovrebbe crescere “di circa un punto percentuale”. Mentre il tasso di risparmio dovrebbe continuare la discesa graduale dai picchi raggiunti nel 2020.
Guardando agli altri indicatori, l’Upb stima un rallentamento degli investimenti, una riduzione della dinamica delle esportazioni, che l’anno scorso hanno fortemente sostenuto l’attività economica, e una decelerazione ancora più marcata per le importazioni. L’occupazione, invece, è vista quest’anno in crescita dello 0,5 per cento, un ritmo che dovrebbe raddoppiare nel 2024. Tutte stime che considerano “la piena attuazione dei programmi d’investimento del Pnrr”, puntualizza l’Upb che tuttavia segnala per l’economia italiana “molteplici elementi di incertezza, soprattutto di matrice internazionale, nel complesso orientati al ribasso”. In primis la guerra, ma anche i rischi legati all’attuazione del Pnrr. L’inflazione intanto preoccupa il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, che avverte la Bce: “Va bene le politiche anti-inflazione purché non ci portino in recessione e su questo credo che qualcuno debba avere anche coscienza dei propri limiti”. In questo contesto torna anche la tensione sui titoli di Stato, con il rendimento dei Btp decennali italiani di nuovo sopra il 4 per cento e il differenziale tra Btp e Bund tedeschi che sale a 183,7 punti.
È invece più ottimista sulla situazione macroeconomica il ceo di Intesa Sanpaolo Carlo Messina: “È migliorata di recente e resto positivo”, dice in conference call, prevedendo “un recupero dell’economia italiana nel 2024, anche se ci sarà un rallentamento quest’anno”. Segnali di ottimismo in particolare arrivano dal settore terziario, che riprende a crescere dopo 5 mesi e torna in fase di espansione: a gennaio l’indice S&P Global Pmi dei servizi in Italia è salito a 51,2, dai 49,9 di dicembre. Segnali analoghi arrivano anche dalla Germania, con l’indice Pmi servizi che torna anch’esso sopra i 50 punti. Economia in espansione a gennaio anche per l’Eurozona, con il Pmi composito a 50,3, ai massimi da sette mesi.
Aggiornato il 04 febbraio 2023 alle ore 11:11