Potrebbe essere definita una questione di gusti, ma la preferenza per la moneta o piuttosto per le tessere elettroniche possiede aspetti niente affatto banali, piccoli e meno piccoli, che solo in parte sono stati sottolineati. Personalmente sono del parere che dovremmo fare molta attenzione nel dichiarare la fine storica delle banconote. Nonostante l’impiego delle varie modalità elettroniche di pagamento sia certamente un fatto positivo per la semplificazione di vari aspetti della vita quotidiana, le banconote hanno una, per così dire, personalità assai più ricca e profonda. Innanzitutto ciò che potremmo definire il sottostante della carta elettronica è, ovviamente, il conto corrente mentre la banconota ha valore di per sé, cioè non rinvia ad una ricchezza custodita da un istituto bancario che confidiamo la amministri per bene.
Il cosiddetto potere d’acquisto consiste nel valore attuale della banconota, chiaramente indicato su di essa e non certo nel freddo chip elettronico collocato su un pezzo di plastica. Così, quando un ragazzo riceve in regalo dal padre una banconota da 50 euro sa perfettamente di quale potere e di quali limiti d’acquisto dispone e di quanto disporrà man mano che spenderà quel denaro. Al contrario, se il padre gli fornisse la propria carta di credito o una tessera bancomat avvertendolo di non spendere più di 50 euro le cose potrebbero complicarsi o persino prestarsi a sorprese non gradevoli per il genitore. Va da sé che per spese di una certa rilevanza le banconote non sempre sono l’ideale e per questo sono stati inventati gli assegni e i bonifici.
Ma per spese magari non minimali ma comunque non troppo ingenti l’uso della moneta ha un sapore molto più concreto, come quando una persona decide di risparmiare mettendo settimanalmente da parte un po’ di soldi per poi godersi un pranzo con la famiglia in un buon ristorante. È chiaro che si può risparmiare anche adottando un bancomat come unica modalità di pagamento, ma è difficile immaginare un bambino, e forse anche un adulto, mettere da parte qualche euro ogni settimana per mezzo di una tessera elettronica. È in questo quadro che, fra l’altro, appariva decisamente opportuno e salutare, come era stato proposto, introdurre la banconota anche per il valore di un solo euro.
Vi sono poi prestazioni per le quali il pagamento con la moneta può assumere il significato di un semplice ringraziamento, come quando compensiamo chi ci ha aiutato a spalare la neve e, qui, rispunta il sapore gradevole di quella che non a caso chiamiamo moneta sonante, un sapore che sicuramente una tessera non ha. Un caso speciale è poi indubbiamente quello dell’elemosina, a meno di ritenere che sarebbe opportuno il Pos anche per il mendicante; ma non diverso potrebbe essere anche il caso delle piccole o meno piccole donazioni settimanali in chiesa, un luogo poco compatibile, mi pare, con un dispositivo chiamato Point of Sale. Dalla scomparsa della moneta, i numismatici vedrebbero la fine dell’aggiornamento dei loro cataloghi, a meno che subentri la raccolta di carte di credito d’annata. Altrettanto, su nessuna tessera elettronica comparirebbe l’incisione del volto di un re o di un presidente, di un simbolo nazionale, scientifico o artistico; inoltre non potremmo più affidarci al caso chiedendo “testa o croce?”, a meno di lanciare per aria il cellulare; non potremmo più provare il sottile piacere di trovare per terra una banconota, né chiedere un prestito momentaneo di qualche spicciolo ad un amico senza mettere in moto l’intero sistema contabile bancario.
È qui che si inserisce la questione più culturalmente delicata, ossia lo scadimento del denaro a pura quantità numerica, visibile, fra l’altro, solo sul cartellino che indica il prezzo di un bene o di un servizio e invisibile sulla carta elettronica perché essa, con il suo carattere ingannevolmente astratto, rinvia per mezzo di un numero ad un altro numero lontano, designante l’ammontare del conto corrente e non al possesso materiale e immediato del denaro che uno ha, fin che non lo spende, nel portafoglio o in casa propria. La scomparsa progressiva delle banconote può avere insomma un effetto indesiderabile sul piano dei rapporti umani poiché offusca la percezione sensibile, psicologica e materiale, delle transazioni. Si tratta di una scomparsa perfettamente coerente con la smaterializzazione delle relazioni sociali resa possibile dalla telematica, un fenomeno di cui però si elogiano entusiasticamente i pregi senza che ci si occupi dei suoi aspetti critici.
Sul piano economico, infine, l’effetto del pagamento elettronico è presumibilmente l’induzione di una maggiore disinvoltura nello spendere e una riduzione della propensione al risparmio. Due caratteristiche che possono essere certamente gradevoli per i commercianti e, per certi versi, per l’economia nel suo insieme, ma solo entro certi limiti: quelli oltre i quali intervengono, da un lato, la svalutazione etica del denaro e, dall’altro, la sua svalutazione reale, cioè l’inflazione.
Aggiornato il 07 dicembre 2022 alle ore 10:37