Il trasporto via mare ormai vive alla giornata. Sono inutili ogni previsione e ogni impostazione programmatica. Un anno fa fui proprio io, in una mia nota, a ricordare che nel porto di Los Angeles vi erano 109 navi in attesa di poter scaricare i propri container. Dopo un anno, ce ne sono solo sei alla fonda. Sono crollate, in pochissimo tempo, le spedizioni. E sono piombati in basso, contestualmente, i prezzi dei noli.
Secondo le valutazioni del Drewry world container index del mese di settembre, l’indice composito è diminuito del 3 per cento. Si tratta della 24a diminuzione settimanale consecutiva, ed è sceso del 32 per cento rispetto alla stessa settimana dello scorso anno. L’ultimo indice composito Drewry Wci è di 6.430 dollari per Teu (container da 40 piedi). È quindi inferiore del 38 per cento rispetto al picco di 10.377 dollari raggiunto a settembre 2021, ma rimane del 78 per cento superiore alla media quinquennale di 3.613 dollari. L’indice composito medio dall’inizio dell’anno è di 8.113 dollari per container da 40 piedi, cioè 4.500 dollari in più rispetto alla media quinquennale (3.613 dollari sopra menzionata).
Le tariffe di trasporto su Shanghai-Genova sono diminuite del 10 per cento (di 962 dollari) e sono adesso pari a 8.779 dollari per Teu. Le tariffe spot su Shanghai-Los Angeles sono scese del 2 per cento (151 dollari), a 6.834 dollari per 40 piedi. Le tariffe su Shanghai-Rotterdam sono diminuite dell’un per cento (106 dollari): 8.833 dollari per container da 40 piedi. Le tariffe di Los Angeles-Shanghai, Rotterdam-Shanghai, Shanghai-New York, New York-Rotterdam e Rotterdam-New York si sono attestate intorno al livello della settimana precedente. Tuttavia, Drewry prevede che l’indice diminuirà nelle prossime settimane.
Ho voluto riportare dettagliatamente questi dati, perché penso che da soli testimonino la vivacità dell’intero trasporto via mare. E va dato atto che assistiamo a inspiegabili paradossi, cioè diminuisce la movimentazione e calano i noli. Ciò genera dei vantaggi per l’economia ma contestualmente crollano i consumi. Quindi, si verifica un danno per i margini prodotti dalle vendite. Variazioni così brusche dei prezzi del trasporto non aiutano governi e aziende nel programmare le loro azioni, perché l’incertezza è la peggior consigliera in momenti come questi. Tra l’altro, è emerso in modo chiaro che concentrare tanta offerta mondiale su un singolo punto, come il porto di Shanghai, testimonia una vera carenza strutturale e al tempo stesso, visto che la componente trasporti sul prezzo scende, ciò potrà rallentare l’inflazione. Rimane solo il problema dei tempi entro cui i prezzi scenderanno anche nei confronti dei consumatori finali. I prezzi, cioè, si abbasseranno solo dopo il superamento dei picchi d’inflazione. A tale proposito, Silvia Merler – responsabile del Policy Research di Algebris – ricorda che in economia i prezzi sono “appiccicosi”, cioè ci mettono molto a scendere di nuovo.
Le strozzature dell’offerta che hanno determinato gli ingorghi dell’anno scorso e i rialzi dei noli erano dovute alla furibonda domanda proveniente dall’Occidente, che ha colto impreparata l’economia cinese ancora limitata dal lockdown. Ora, però, non c’è solo la diminuzione della domanda. Intervengono scelte precise: in Occidente c’è la tendenza a riportare in patria le produzioni, a costo di incorrere nell’inflazione perché un chip prodotto in California costa più di uno fabbricato a Shenzhen.
In tutto questo, le esportazioni italiane (per l’80 per cento via mare) continuano a crescere: +10,3 per cento nel 2022 (530 miliardi previsti contro i 516 del 2021). Anche l’import è in aumento: 470 miliardi nel 2021, con una previsione in forte crescita per il 2022. Questo difficile fenomeno, o meglio, questi difficili fenomeni impongono un complesso e articolato approccio metodologico alla nostra offerta portuale e all’intero comparto di coloro che garantiscono la movimentazione delle merci via mare. Questo approccio non può certo trovare come prima risposta l’istituzione di un nuovo dicastero mirato ad affrontare le tematiche e le emergenze legate al trasporto marittimo.
Forse, occorrerebbe sia rivedere le competenze del dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sia consentire allo stesso dicastero un’adeguata autonomia decisionale e finanziaria, perché se esaminiamo attentamente quella che ho definito una famiglia di paradossi, scopriamo che essenzialmente si tratta di una esigenza che supera il controllo della specifica caratterizzazione infrastrutturale per entrare, invece, in quella più spiccatamente tecnico economica, strettamente legata all’ottimizzazione delle logiche di mercato e delle forme più avanzate della “concorrenza”.
Per esempio, saremmo in grado di offrire alla domanda mondiale una offerta portuale lontana dalle logiche ormai stabilizzate dei porti di Genova, Livorno, Gioia Tauro, Ravenna e Trieste? Cioè, saremmo in grado di lanciare una proposta che elegga o il porto canale di Cagliari o quello di Augusta come l’Hub transhipment più forte del Mediterraneo? In tale proposta, saremmo in grado non tanto di dare vita a una forte concorrenza con i porti di Algeciras, Valencia e il Pireo, quanto d’evitare i falsi comportamenti delle nostre portualità di Genova e Livorno nel tentare di bloccare una simile iniziativa?
Nessuno vuole incrinare la crescita di impianti portuali come quelli di Genova, Livorno, Gioia Tauro, Taranto, Ravenna e Trieste, ma si vuole solo aggiungere un Hub che sia in grado di creare delle condizioni legate al trasporto marittimo capaci, alla luce della analisi fatta prima, di riaccendere nuove potenzialità e nuove offerte all’interno di un teatro economico, quello del Mediterraneo, che non solo sta cambiando repentinamente, ma che potrebbe rivisitare, integralmente, le categorie tradizionali con cui finora è avvenuta la distribuzione dei flussi all’interno del bacino stesso.
(*) Tratto dalle Stanze di Ercole
Aggiornato il 05 dicembre 2022 alle ore 11:34