Questa volta siamo forse vicini alla scelta definitiva sulla realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina e sono interessanti le dichiarazioni rilasciate sia dal presidente della Regione Calabria che della Regione Sicilia. Il presidente Occhiuto ha infatti precisato: “Il Ponte sullo Stretto è un intervento strategico perché permetterà alla Calabria e alla Sicilia di diventare un vero Hub europeo nel Mediterraneo. Dobbiamo scommettere sul primo progetto, quello a una campata, forse con qualche aggiornamento. L’altra ipotesi, quella a tre campate, ci porterebbe via almeno 10 anni e non abbiamo tempo da perdere” e il presidente Schifani a sua volta ha ribadito: “Penso che sia la volta buona: i Governi regionali siciliano e calabrese la pensano nello stesso modo, il progetto cantierabile ha ricevuto tutti i placet. La volontà politica questa volta c’è”.
I due presidenti penso abbiamo anche preso atto, proprio in questi ultimi giorni, del rischio che le loro due Regioni corrono da una obbligata rivisitazione del Pnrr per garantire, in base all’articolo 30 (più volte da me richiamato) del Decreto legge Aiuti Ter, la copertura degli extra costi delle materie prime. In una tale rivisitazione salterebbero, perché non in grado di rispettare le scadenze previste dal Pnrr, gli interventi relativi sia all’asse ferroviario ad alta velocità Palermo-Messina-Catania sia all’asse ferroviario ad alta velocità Salerno-Reggio Calabria. In merito a questo ultimo intervento faccio presente che salterebbero anche i 9,4 miliardi previsti nel Piano nazionale complementare in quanto tale Piano rispetta le stesse clausole del Pnrr.
Ebbene, di fronte ad una simile ormai obbligata decisione i due presidenti sanno bene che, come già riportato un anno fa da un lavoro analitico portato avanti dal Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici (Nvvip) della Regione Siciliana con il supporto dell’Istituto di Ricerca Prometeia, la Sicilia continuerebbe ad avere una perdita secca di oltre 6 (sei) miliardi di euro all’anno nella formazione del Prodotto interno lordo e, siccome ogni rivisitazione progettuale porterebbe automaticamente ad un rinvio dell’opera di almeno dieci anni, il danno per la Regione supererebbe la soglia dei 60 (sessanta) miliardi di euro. Mentre la Calabria vedrebbe azzerato ogni intervento infrastrutturale in quanto finora per il completamento della Strada Statale 106 Jonica non è previsto nessun impegno finanziario, non è prevista nessuna copertura; ricordo che per completare in modo funzionale questo asse fondamentale per lo sviluppo del sistema territoriale jonico della Regione occorrono circa 4,3 miliardi di euro.
Tra l’altro, per una serie di motivi, le due Regioni vengono anche a perdere le risorse stanziate dal Programma supportato dal Fondo di sviluppo e coesione 2014-2020 per un valore globale di oltre 7 miliardi di euro; più volte ho ricordato che il mancato impegno di spesa e la mancata spesa non è addebitabile solo alla responsabilità delle due Regioni in quanto ci sono anche interventi inseriti nel Programma Operativo Nazionale (Pon) e quindi di competenza di vari dicasteri. Ed allora di fronte ad una simile grave emergenza i due presidenti si sono resi conto che il Mezzogiorno si ridurrebbe in realtà a sei Regioni perché la Calabria e la Sicilia verrebbero private quasi integralmente di tutte le risorse che i vari Governi dal 2015 avevano assicurato, addirittura per la Calabria, in vari convegni, sia l’ex ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili Enrico Giovannini che la ex ministra del Sud e della Coesione Mara Carfagna avevano assicurato risorse pari ad oltre 15 miliardi di euro (1,8 miliardi + 9,4 miliardi per l’alta velocità Salerno-Reggio Calabria e 4,3 miliardi di euro per completare la Strada Statale 106 Jonica). Il ponte quindi diventa ormai una condizione obbligata; una condizione che fa aumentare ulteriormente le responsabilità di chi, come l’ex ministra De Micheli e l’ex ministro Giovannini avevano, con una decisione autonoma non supportata adeguatamente né dal Consiglio dei ministro né dal Parlamento, assunto solo per penalizzare ulteriormente le sorti non di due Ragioni ma dell’intero Mezzogiorno.
Questo cambiamento ora non può rimanere solo un interessante atto mediatico, non può rimanere un’apprezzabile dichiarazione di buona volontà da parte del Governo e delle due Regioni ma deve trovare un immediato e chiaro inserimento nel redigendo Disegno di legge di stabilità. Ritengo infatti urgente che si chiarisca con quale copertura e con quale cadenza temporale si riattivi concretamente un progetto che nel dicembre 2009 era passato dalla fase teorica alla fase realizzativa; in proposito ricordo la dichiarazione dell’allora ministro Altero Matteoli, in occasione dell’avvio dei lavori per la realizzazione della variante ferroviaria di Cannitello propedeutici alla realizzazione del Ponte; Matteoli precisò: “Stiamo rispettando i tempi che ci eravamo assegnati per la ripartenza delle opere pubbliche. Oggi partono con puntualità anche i primi lavori propedeutici al Ponte sullo Stretto e nel prossimo anno proseguiranno anche sulla costa siciliana. Si tratta di lavori indispensabili per avviare la costruzione del manufatto. Un’opera che il governo ritiene prioritaria e per la quale sono stati compiuti tutti i passi necessari e non facili per realizzarla. Il Ponte non sarà una cattedrale nel deserto, come i critici dell’opera sostengono, sarà invece una infrastruttura, unica al mondo, che genererà sviluppo, occupazione e crescita economica e che, a cascata, determinerà la realizzazione di altri interventi infrastrutturali necessari alla Calabria e alla Sicilia. Mi riferisco alla rete stradale, ferroviaria, agli altri servizi così tanto carenti in questa meravigliosa area”.
Ricordo che i lavori prevedevano la deviazione dell’esistente linea ferroviaria tirrenica in corrispondenza di Cannitello per risolvere le interferenze con il futuro cantiere della torre del ponte, lato Calabria, ed avevano un valore di circa 26 milioni di euro e rappresentavano, ripeto fino alla noia, la prima fase del più ampio progetto di spostamento a monte della linea ferroviaria Battipaglia-Reggio Calabria, un’opera che in tal modo rendeva disponibile circa 4 chilometri di waterfront tra Villa San Giovanni e Santa Trada (questa opera è stata completata e collaudata da oltre sette anni).
Insisto è necessario non solo inserire questa volontà strategica all’interno della Legge di Stabilità ma occorre anche supportarla con almeno una serie di atti e di scelte formali quali:
1) Una chiara copertura finanziaria anche ricorrendo a forme come il canone di disponibilità.
2) Un chiaro e misurabile ricorso alle risorse previste dal Fondo delle reti Ten (l’opera è nel Corridoio Helsinki-La Valletta).
3) Un chiaro e misurabile ricorso alle risorse del Fondo di sviluppo e coesione 2021-2027.
4) Un chiaro e misurabile impegno delle Ferrovie dello Stato a versare un canone annuo per l’utilizzo del ponte e, al tempo stesso, per la dismissione dell’uso dei traghetti ferroviari dopo un preciso arco temporale.
5) Una Intesa generale quadro, simile a quella prevista dal Decreto Legislativo 190/2002, tra il Governo e le due Regioni Sicilia e Calabria attraverso il quale dare la massima funzionalità ed integrazione tra il ponte e le reti viarie presenti nelle due Regioni.
6) Un impegno del Ministero delle Imprese e del Made in Italy a garantire un adeguato supporto, da parte dell’intero comparto industriale, soprattutto per le forniture tecnologicamente avanzate richieste dalla realizzazione del ponte
Senza dubbio sono proposte che gli uffici dei dicasteri competenti inseriranno nel provvedimento che si deciderà di assumere tuttavia le ricordo perché tutto si concentri in questi giorni in cui si produrrà e si approverà la Legge di stabilità, cioè entro il 31 dicembre 2022. Rinviare ad altre scadenze, rinviare a possibili Disegni di legge collegati o a possibili Disegni di legge speciali, significa rischiare l’avvio concreto dell’opera. Penso sia utile convincersi che questo non è il momento dei tecnici ma è il momento dei politici e delle Istituzioni e sono sempre più convinto che le due Regioni, il Mezzogiorno, il Paese e l’Unione europea non capirebbero un ennesimo ed immotivato rinvio.
(*) Tratto da Le Stanze di Ercole
Aggiornato il 23 novembre 2022 alle ore 10:08