Gas, Intesa nell’Unione europea: Draghi esulta

“È andata bene”. Mario Draghi ne è convinto. Dopo oltre undici ore di veti, attacchi incrociati e distinguo sul dossier energia, l’Unione europea riesce a trovare la sintesi di fronte al nemico comune russo. Le conclusioni, che restano ambigue, lasciano i capi di governo dei 27 Paesi parzialmente soddisfatti. Anche sul price cap e sul nuovo Sure sull’energia, l’intesa registra dei passi avanti. Frattanto, l’intesa determina degli effetti benefici sulla discesa del gas che scivola sotto i 120 euro al megawattora. I Ttf ad Amsterdam cedono il 6 per cento a 119,5 euro al megawattora. Prezzo però è ancora lontano dai minimi di 107 euro segnati mercoledì scorso.

La strada da seguire resta quella proposta dalla Commissione Ue il 18 ottobre scorso. Le misure, in sostanza, non cambiano: si va dalla piattaforma aggregata per il gas – volontaria ma obbligatoria per una quota del 15 per cento del volume totale degli stoccaggi in Europa – all’incentivazione delle rinnovabili fino a un price cap al gas nella formazione dell’elettricità. E, sull’applicazione del modello iberico – caldeggiata dalla Francia ma non dalla Germania – che si potrebbe aprire la strada ad un nuovo Sure sull’energia. Nelle conclusioni si domanda alla Commissione di fare “un’analisi dei costi e benefici sulla misura” che, per compensare il differenziale tra prezzo amministrato e prezzo di mercato, comporterebbe un peso eccessivo sui conti pubblici di diversi Paesi membri. Ma c’è un’altra novità che fa sperare Draghi, vale a dire l’apertura che emerge su un possibile nuovo debito comune. Tra le misure, infatti, figura “la mobilitazioni di rilevanti strumenti a livello nazionale e Ue” con l’obiettivo di “preservare la competitività globale dell’Europa e per mantenere il level playing field e l’integrità del mercato unico”. Un’ipotesi che, secondo il premier uscente, dimostra come le proposte italiane siano state effettivamente accolte.

Per la verità il percorso lungo e in salita. Ma, come sostiene Emmanuel Macron, entro l’inizio di novembre, la Commissione “si esprimerà molto chiaramente” sul price cap “e andremo avanti spediti anche sulla solidarietà finanziaria”. Secondo il presidente francese le possibili opzioni della Ue sono due: uno Sure 2 oppure utilizzare i prestiti ancora disponibili (circa 200 miliardi) oggi nel quadro del RePowerEu, “dando un po’ di flessibilità”. L’impressione è che i falchi del Nord optino per la seconda strada ma, dalla Germania, dopo mesi di muro qualche concessione è arrivata.

Come ampiamente previsto, anche i Paesi frugali (Austria, Olanda, Danimarca e Svezia) si sono allineati. Per il cancelliere Olaf Scholz, “il focus è sui fondi che già abbiamo, ma sul nuovo debito vediamo che si può fare”. Al momento, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel hanno raggiunto il loro scopo. Nonostante le divisioni, l’Europa non è implosa nel contrasto all’escalation militare russa in Ucraina.

Aggiornato il 21 ottobre 2022 alle ore 12:30