Erano 6 anni che non tornavo alle Terme di Lurisia, situate nella provincia di Cuneo ai piedi delle Alpi Liguri, la cui acqua leggermente radioattiva, scoperta da Madame Curie, possiede innumerevoli qualità taumaturgiche. E ci sono tornato dopo l’uragano economico causato dalle misure, a mio avviso in gran parte inutili ed autolesionistiche, di contrasto al Sars-Cov-2. I segni di una tale devastazione, che ha coinvolto l’intero settore produttivo del Paese, li ho avvertiti in modo tangibile non appena ho messo piede in questo magnifico territorio montano.
Sia il rinomato stabilimento termale e sia le accoglienti strutture ricettive, che rappresentano una sorta di tessuto connettivo nella fiorente economia dell’accoglienza del relativo territorio, portano ancora evidenti i segni dei lockdown, dei demenziali protocolli e della paura di massa che per circa due anni ha funestato il medesimo settore produttivo. Si nota un evidente senso di scoramento nei volti delle persone impegnate a tutti i livelli in quella che potremo definire come l’industria del benessere, insieme a un altrettanto evidente calo della domanda a tutti i livelli.
Persino l’Albergo Ristorante Commercio di Roccaforte Mondovì, il quale all’interno di un livello medio di offerta ricettiva assai elevato rappresenta decisamente una eccellenza, ha fortemente risentito dell’inaspettata situazione sanitaria. E proprio quando, dopo oltre due anni di passione, sembrava che ci si stesse rimettendo in carreggiata gradualmente e con grandi sacrifici (questa ed altre strutture economiche del luogo sono riuscite a compiere il miracolo di mantenere praticamente inalterati i prezzi), è arrivata la seconda, devastante mazzata dell’aumento incontrollato dei costi dell’energia.
Ora, da questo punto di vista ritengo fondamentale lanciare un appello non solo in favore delle attività che ruotano intorno alle Terme di Lurisia, bensì per tutte le imprese italiane: salviamole da un disastro annunciato! Ma per farlo, oltre a eliminare del tutto le ultime restrizioni sanitarie che altrove sono state completamente abolite da molto tempo, non possiamo contare sul jolly dell’aumento del debito pubblico, il quale ha oramai raggiunto livelli tali da mettere in forse la sua sostenibilità, ossia la capacità di onorarne a tempo indeterminato il pagamento degli interessi.
Occorrerebbe invece lavorare su due fronti: contenimento e riqualificazione della spesa pubblica e potenziamento dell’approvvigionamento energetico anche attraverso lo sviluppo di buona parte delle potenziali fonti interne, da tempo abbandonate in ossequio all’onnipotente partito del No. Diamoci una mossa, dunque!
Aggiornato il 15 settembre 2022 alle ore 10:39