È necessario ricordare, quasi in modo didattico, prima di entrare nel merito dei consumi energetici, quale sia la dimensione reale delle esigenze e quindi dei consumi di energia elettrica da parte del Paese. Secondo le statistiche di Terna, società che dal 2005 gestisce la rete di trasmissione nazionale, l’Italia, come sistema fisico nazionale comprendente le proprie centrali di produzione e le proprie stazioni di trasformazione, nel 2020 ha avuto consumi per circa 312.731 Gwh (Gigawattora, cioè un milione di kilowattora) di energia elettrica. Tale dato è il cosiddetto “consumo o fabbisogno nazionale lordo” e indica l’energia elettrica di cui ha bisogno il Paese per far funzionare qualsiasi impianto o mezzo che necessiti di energia elettrica. Un simile dato è ricavato come somma dei valori indicati ai morsetti dei generatori elettrici di ogni singolo impianto di produzione, più il saldo degli scambi con l’estero. Tale misura è effettuata prima di una eventuale detrazione di energia, per alimentare le centrali di pompaggio e non considerando gli autoconsumi delle centrali (ovvero l’energia che la centrale usa per il suo funzionamento).
Se si escludono tali “consumi imposti” (servizi ausiliari, perdite nei trasformatori della centrale e l’energia elettrica per immagazzinare energia durante la notte attraverso le centrali di pompaggio idriche), si ha un “consumo nazionale netto” o “richiesta nazionale di energia elettrica”, che nel 2020 è stato di 301.180 Gwh, in calo del 5,8 per cento rispetto all’anno precedente, inquadrato in un incremento medio degli ultimi venti anni pari allo 0,87 per cento (è da notare tuttavia che tale calo è dovuto, principalmente, alla riduzione dei consumi industriali a causa della pandemia di Covid-19). Tale valore comprende anche le perdite di rete, calcolate intorno ai 17.366 Gwh (5,8 per cento) circa. La parte rimanente (283.815 GWh) rappresenta il consumo di energia degli utenti finali.
Mi sono dilungato volutamente. Forse questa esposizione può sembrare molto tecnica, ma penso sia utile per capire quanto sia davvero encomiabile l’azione immediata delle Ferrovie dello Stato nel rispondere a una esigenza Paese legata al contenimento dei consumi energetici. E ciò che è davvero apprezzabile è la dimensione. Ricordo che i consumi annui della Società per garantire la movimentazione dei treni sugli oltre 12mila chilometri di linea elettrificata e quelli a trazione diesel, sui restanti 4.600 chilometri, è di circa 6mila Gwh, pari cioè al 2 per cento del fabbisogno annuale di energia elettrica a livello nazionale. Occorre anche soffermarsi su cosa le Ferrovie dello Stato hanno fatto negli ultimi anni per rivedere il proprio bilancio energetico. E come hanno tentato di ricorrere a impianti fotovoltaici. Addirittura, nel 2021 Trenitalia ha raddoppiato la produzione di energia a uso industriale da impianti fotovoltaici, passando da 3mila a 6mila Mwh (Megawattora).
Ora, però, prende corpo un processo che persegue due distinte finalità. Incrementare, da un lato, la produzione di energia green a uso industriale. Dall’altro, ridurre i consumi di energia elettrica grazie alla efficienza dei nuovi treni e a una serie di azioni capillari, mirate a un consumo sostanziale di energia. Gli interventi programmati riguardano le stazioni dove si pensa di utilizzare le superfici di copertura, per ubicare impianti fotovoltaici. A titolo di esempio, la copertura del realizzando parcheggio ubicato nella stazione Termini a Roma, nella stazione di Napoli centrale, nelle stazioni Tiburtina (sempre nella Capitale) e di Palermo. Cioè, sono pronte per essere attrezzate con impianti fotovoltaici circa 40mila metri quadrati; impianti che sono in grado di coprire il 10 per cento del fabbisogno delle stesse stazioni.
L’operazione, anche se rilevante, non si conclude solo attraverso l’utilizzo delle coperture delle stazioni ma utilizzando il suolo non fertile ubicato in aree limitrofe a strade e ferrovie sempre di proprietà delle Ferrovie dello Stato. La stima delle superfici interessate da una simile operazione supera i 30 milioni di metri quadrati. Convinti però che la più ricca fonte di energia sia quella legata al ridimensionamento dei consumi, le Ferrovie dello Stato hanno già in corso di definizione una serie di azioni mirate all’efficientamento energetico come quelle legate al building automation, alla riqualificazione energetica dei sistemi di aria compressa e di riscaldamento dei grandi impianti di manutenzione dei treni. Una simile operazione, si stima già da adesso, abbatte i costi energetici del 30 per cento con una spesa non superiore ai 60 milioni di euro.
Ho voluto soffermarmi a lungo su questa intuizione, ricca di grande coinvolgimento nella attuazione di un obiettivo strategico nazionale perché, in realtà, testimonia come una emergenza, una criticità produca subito rivisitazioni talmente elevate che oltre a beneficiare l’intero bilancio energetico del Paese consentono alla Società di trasporto merci e passeggeri più grande del Paese di rivedere, in modo sostanziale, i propri bilanci. Forse la prima osservazione, il primo interrogativo spontaneo potrebbe essere: come mai una simile intuizione felice non ha trovato spazio in passato? Senza dubbio, una risposta è legata all’assenza di un forte rischio nella garanzia dell’approvvigionamento sistematico, alla forte esplosione dei costi ma anche all’innovazione tecnologica, sia nei pannelli fotovoltaici, sia nelle tecniche avanzate nell’abbattimento dei costi di manutenzione dei treni.
A mio avviso, questo è solo l’inizio di un’impostazione programmatica che, se ulteriormente approfondita, può davvero generare una rivoluzione non solo nella offerta passeggeri ma, soprattutto, in quella delle merci. Infatti, abbattendo in modo rilevante i costi energetici, penso sia possibile anche ridimensionare il costo del servizio logistico legato alla movimentazione delle merci stesse. E rendere in tal modo più attraente l’offerta ferroviaria rispetto a quella su strada. Abbattendo, così, la produzione di Co2. Ricorso all’innovazione tecnologica più avanzata, utilizzo di aree per il posizionamento di pannelli fotovoltaici, riduzione di costi del servizio di traporto merci, abbattimento della produzione di Co2. Questo articolato processo penso sia una catena procedurale che testimonia, davvero, ciò che spesso, in modo errato, chiamiamo “programmazione sostenibile”. Ciò che molte volte, solo per puro narcisismo mediatico, qualcuno definisce “sostenibile”.
(*) Tratto dalle Stanze di Ercole
Aggiornato il 26 maggio 2022 alle ore 10:30