Forse il periodo festivo ha portato tutti a essere più ottimisti. E a ritenere veri alcuni dati relativi alla spesa del Pnrr prodotti dall’Ufficio parlamentare di Bilancio e dal ministero dell’Economia e delle Finanze. In particolare, il 2021 avrebbe dovuto registrare una spesa di 13,7 miliardi di euro. La maggior parte di fondi era destinata a interventi già previsti dai programmi italiani in cui il Recovery si limitava a sostituire i fondi già assegnati. La spesa effettiva si è fermata a 5,1 miliardi, cioè il 37,2 per cento dell’obiettivo iniziale. Se entriamo nel merito delle distinte voci di spesa troviamo la seguente articolazione (vedi tabella).
Ora questi dati, la cui provenienza non può essere messa in dubbio e non possono essere farneticanti come quelli definiti da qualche ministro in occasione di una mia elencazione della spesa, potrebbero anche essere accettabili. In fondo, dopo appena un anno dalla approvazione delle linee generali del Pnrr, riuscire a sborsare già più di 5 miliardi, in un Paese che dal 2015 al 2020 aveva speso poco più di 14 miliardi, poteva essere già un discreto risultato anche se lontano dall’obiettivo che prima l’ex presidente Giuseppe Conte e poi il presidente Mario Draghi si erano dati. Invece, vorrei ricordare che per spesa in un anno intendiamo i pagamenti di nuovi interventi del Pnrr ed è, a tutti gli effetti, una deformazione metodologica invocare anche quelle spese già sostenute da precedenti programmi. Quindi, le spese sostenute dalle Ferrovie sono relative al pagamento di Stati di avanzamento lavori (Sal) già effettuati in attuazione di Programmi precedenti come quelli supportati dalla Legge 443/2001 (Legge Obiettivo). E in tal modo la spesa scende a 2.585 milioni di euro.
Ma non mi sono fermato alla analisi di questa prima voce di spesa. Ho cercato anche nelle altre voci e ho trovato che trattasi, per la maggior parte, di anticipazioni. E quindi non di pagamenti legati a un avanzamento concreto delle attività. In realtà, la vera spesa in un anno non ha superato l’importo di 1,2 miliardi di euro. Cioè l’obiettivo annunciato di 13,7 miliardi di euro è stato raggiunto per una quota pari al 9 per cento.
Ora, come ho ricordato altre volte, non possiamo dimenticare che l’ex presidente Conte tornando da Bruxelles nel mese di giugno 2020 comunicò il grande risultato ottenuto in sede comunitaria e anche l’elenco delle possibili opere, dei possibili interventi. E assicurò delle precise cadenze temporali della spesa. Inoltre, mentre quella del 2021, completamente disattesa, si attesta all’importo di 13,7 miliardi di euro, quelle del 2022, del 2023, del 2024, del 2025 e del 2026 si segnalano su valori medi che superano i 28 miliardi di euro l’anno. Senza dubbio tutto è possibile, ma non credo che si possa, almeno per il comparto delle infrastrutture, sconvolgere un approccio che, in questi ormai due anni di attività legate alla attuazione del Pnrr, ha visto le Amministrazioni competenti non in grado di approvare un progetto esecutivo. Nel migliore dei casi, si potranno mettere in gara progetti di fattibilità, che dovranno poi diventare progetti esecutivi e “cantieri” non prima di due anni.
Ripeto: non sono le mie analisi quelle che denunciano questo fallimento ma quelle dell’Ufficio parlamentare di Bilancio che, in modo oggettivo, ha analizzato i dati e non gli annunci. Ha misurato le spese reali e non gli impegni, ha verificato analiticamente gli impegni programmatici e le reali erogazioni e non i racconti forniti da strutture ministeriali che sono ancora legate all’ottimismo della speranza e non a quello della ragione.
Questa stasi nella spesa preoccupa ancora di più perché nessuno, dico nessuno, ci ha detto cosa sta accadendo dei 30 miliardi di euro del Programma 2014-2020 del Fondo di sviluppo e coesione e dei 73 miliardi di euro del Programma 2021-2027 del Fondo di sviluppo e coesione; di questo ultimo Programma, addirittura, è stato anche stanziato dal Cipe un primo acconto di 6,3 miliardi di euro. Ma, ribadisco, vorremmo sapere dall’insediamento dell’attuale Governo, cioè da 14 mesi a oggi, cosa si sia riusciti a “spendere”. Sono sicuro che la ministra del Sud e della Coesione territoriale, Mara Carfagna, ha più volte chiesto quali siano i reali avanzamenti. Sono certo che sia a livello centrale che locale siano pervenute le più ampie assicurazioni di “prossime” attivazioni della spesa. La ministra farebbe bene a imporre nelle note informative l’uso del “passato prossimo” e non del “futuro”. Le note informative devono raccontare ciò che è stato fatto, non ciò che faremo.
Non attivare concretamente la spesa legata ai Fondi di sviluppo e coesione significa davvero azzerare ogni azione di riequilibrio socio-economico. E sarebbe irresponsabile continuare a giocare sulle percentuali di assegnazione delle risorse e non sulle percentuali della spesa reale. Sono convinto che quando la ministra Carfagna avrà modo di effettuare una verifica capillare sulla spesa, cambierà in modo sostanziale l’approccio seguito finora anche su questo rilevante volano di risorse. E questa verifica metterà in evidenza ancora una volta i ritardi accumulati in alcune Regioni del Mezzogiorno.
(*) Tratto dalle Stanze di Ercole
Aggiornato il 09 maggio 2022 alle ore 10:35