Gira la voce che il gas russo si può rimpiazzare. Occorre premettere che farlo prima del prossimo inverno è una impresa impossibile. Basta dare uno sguardo ai consumi dell’anno scorso, che presumibilmente non sono molto diversi da quelli che faremo quest’anno, e vedere cosa accadrebbe se bloccassimo, già a cominciare dal prossimo maggio, l’importazione di gas dalla Russia, che arriva attraverso il gasdotto del Tarvisio. Dal grafico (elaborazione propria su dati Mite) si evince come già dal mese di ottobre, con l’esaurimento anche della scorta strategica (4 miliardi di metri cubi), lo stop al gas russo (in giallo) produrrebbe un deficit di approvvigionamento rispetto al fabbisogno interno lordo (linea tratteggiata in grigio) assolutamente incolmabile.
La cosa più ovvia è provare con altro gas di importazione, da diversi fornitori. È quello che stanno facendo Mario Draghi e Luigi Di Maio, un po’ alla disperata, cercando accordi (una volta si sarebbe chiamato il giro delle sette chiese) con Algeria e altri Paesi produttori africani (Egitto) e medio-orientali, per “pararsi” in caso di effettivo shortage russo (o dobbiamo ripristinare il termine “sovietico”?). Comunque ci vorranno anni. In aggiunta, si potrebbe anche chiedere all’Europa (essenzialmente Francia) di aumentare l’export elettrico verso di noi, attualmente di circa 6 gigawatt (gw), sempre che le nostre linee riescano a sopportare un sovraccarico costante proveniente da oltralpe.
Certo, in entrambi i casi, saremmo sempre e comunque vulnerabili, dipendenti e non autonomi, e soggetti agli aumenti dei prezzi ed alla stabilità politico-economica di questi Stati esteri, mentre è inutile illudersi sull’Europa, che al momento del bisogno non esiste come tale. Esistono le Nazioni, e ognuna si fa i conti in casa propria. Proviamo a fare due conti, se volessimo, o ardissimo farci l’energia in casa nostra. E i conti sono semplici. L’Italia ha una domanda media di carico elettrico giornaliero a forma simile a una “M” con picchi di circa 50 gw in inverno, e di 60 gw in estate. Un gw è pari a un milione di kilowatt, e 1 kw quanto consuma di elettricità domestica (al massimo) una persona. Diciamo quindi che possiamo calcolare una media giornaliera di 25 gw in inverno e 30 gw in estate (i famosi condizionatori). Ma poiché il gas noi lo usiamo per riscaldarci, e non usiamo quasi per nulla l’elettrico, se virassimo anche noi come tante nazioni al riscaldamento elettrico, d’inverno avremmo picchi di 60 gw come in estate, e quindi una media di 30 gw.
Ora sappiamo che circa la metà della potenza elettrica viene prodotta da gas di importazione, quindi 30 gw. Il 40 per cento di questo gas è russo. Quindi 12 gw. Questi 12 gw possono essere prodotti da fonti energetiche alternative al gas russo. Se si usano centrali nucleari da 1 gw bisogna farne dodici, meno di una decina se sono centrali da 1,5 gw. L’energia nucleare assicura una produzione costante h24. Non ha bisogno di riserva calda pronto uso. Anzi quando ne fa troppa, si può accumulare con sistemi idraulici di pompaggio in quota da scaricare quando la domanda è alta. Ogni centrale costerebbe circa cinque miliardi di euro, se costruita in cinque anni, tempo tecnico riscontrabile per esempio in Cina e Emirati Arabi, quindi in totale 60 miliardi.
Se si usano rinnovabili, come il fotovoltaico – rendimento 10 per cento, circa 100 watt di potenza elettrica di picco ogni metro quadrato, per produrre 12 gw occorrerebbero – 120 milioni di metri quadrati, cioè 12.000 ettari (in realtà per evitare l’ombreggiamento reciproco almeno il doppio, 24.000 ettari) circa 30.000 campi di calcio. La cosa appare fortemente impattante ma tutto si può fare in emergenza, anche con costi elevati, salvo che bisogna poi prevedere comunque una riserva calda equivalente per quando la fonte solare (o eolica) non risulta disponibile. Oggi si ricorre in questo caso a impianti a turbogas (quindi ancora al gas), tenuti in stand-by e pagati comunque dalla comunità nazionale. Non appare una soluzione realistica. Se si pensa che negli ultimi venti anni sono stati spesi 200 miliardi per le energie rinnovabili che forniscono a oggi mediamente, un 8 per cento della potenza elettrica totale, la spesa per 12 centrali nucleari, 60 miliardi di euro, che fornirebbero costantemente il carico elettrico oggi alimentato dal gas russo, sembrerebbe plausibile. Inoltre, una centrale nucleare moderna di III generazione dura anche 80-100 anni. Poi vi sono altre fonti, geotermia, rifiuti, biomasse, biogas, biofuel, tutte interessanti che però in questa fase non inciderebbero più di tanto, ma possono integrare lo zoccolo duro. Come pure economia circolare, efficienza energetica, se non addirittura risparmio e privazione energetica, abbassano la curva dei consumi, ma non fanno crescere il Paese, anzi. Inoltre, si possono usare ancora le fonti fossili nostrane. E qui abbiamo da un lato il gas dell’Adriatico non estratto sinora, ma estraibile per una quantità potenziale anche 10 volte quella attuale, come fa la nostra vicina Croazia, dall’altro il famigerato carbone/olio combustibile, con cui potremmo però produrre già oggi anche fino a 10 gw riallineando le vecchie centrali Enel in dismissione.
Infine, sembra tornato di moda il Gnl (Gas naturale liquido), quello trasportato dalle navi, in particolare americano, che è però poco e costa molto, e andrebbe rigassificato in almeno 6 impianti, di cui finora solo tre disponibili, altri contestati e mai costruiti. In conclusione, tornando all’opzione nucleare, si deve sottolineare come una tipologia dei reattori grande scala di Generazione III avanzata oggi in costruzione nel mondo (del tipo Epr o Ap1000) potrebbe essere acquisito e dispiegato nei siti nucleari già esistenti o in siti individuati a suo tempo dai vari piani energetici nazionali.
I reattori piccoli e modulari (Smr), oggi di moda, sarebbero invece molto utili per compensare l’aleatorietà delle piccole reti locali (smart grid), basate sulle fonti Fer non programmabili, ma non sono adatti per la loro limitata potenza (100-300 megawatt) per compensare il taglio del gas russo. In un caso e nell’altro si consiglia di puntare su un solo modello “provato” piuttosto che su tecnologie diverse che comportano, come già accaduto in passato, la moltiplicazione dei problemi.
(*) Ingegnere, consigliere Associazione Astri
(**) Presidente Associazione Astri
Aggiornato il 15 aprile 2022 alle ore 11:05