La nuova regolamentazione europea dei mercati digitali – il Digital Markets Act (Dma) – rischia di penalizzare l’innovazione senza impedire la frammentazione delle regole tra i paesi europei. Lo sostengono Aina Turillazzi e Carlo Stagnaro nello special report dell’Ibl intitolato “Nothing lasts forever (even the gatekeeper’s market share)”.
Il Dma introduce una nuova regolamentazione ex ante per i cosiddetti gatekeeper, cioè le piattaforme on-line di grandi dimensioni. Tuttavia l’identificazione dei soggetti alla regolamentazione è arbitraria e molti degli obblighi previsti sono vaghi e non sempre giustificati da adeguate analisi costi-benefici. Un forte argomento a favore del Dma sta nell’esigenza di prevenire la proliferazione di regole nazionali. Tuttavia, scrivono Turillazzi e Stagnaro, non solo diversi Paesi (tra cui l’Italia) stanno definendo regole nazionali, ma anche in sede di attuazione il Dma potrebbe generare esiti disordinati. Per evitarlo, Turillazzi e Stagnaro propongono una serie di accorgimenti, per esempio la definizione di linee guida condivise per armonizzare le definizioni, gli obblighi e le pratiche che dovranno poi essere garantiti dalla Commissione in collaborazione con le autorità antitrust nazionali.
“I mercati digitali stanno evolvendo rapidamente – concludono Turillazzi e Stagnaro – Vecchie piattaforme lottano per mantenere le loro quote di mercato e altre nuove entrano sul mercato continuamente. I mercati digitali vanno compresi prima di introdurre nuove norme ex ante i cui effetti di lungo termine sono sconosciuti. Ancora meno essi hanno bisogno di un proliferare di norme nazionali o di pratiche nazionali di attuazione che potrebbero frammentare il mercato digitale europeo”.
Aggiornato il 13 aprile 2022 alle ore 16:13