Non sarà più come prima nell’economia mondiale

Nella società della rappresentazione, totalmente scollata dalla realtà, ciò che conta sono le parole d’ordine. Indispensabili per indirizzare il gregge. Come per qualsiasi prodotto commerciale – che si tratti di un dentifricio o di un detersivo – il claim è più importante della sostanza. E allora vai con “andrà tutto bene”, che ha portato pure sfiga. O con “l’avvocato degli italiani”, che non ha portato maggiore fortuna.

Ora, però, si è deciso di puntare sull’ovvietà, nella speranza che almeno in questo caso si indovini. “Nulla sarà come prima”, a causa della guerra in Ucraina. Non che servano astrologi e aruspici per arrivare a questa conclusione. Perché, da Eraclito in poi, si ha la consapevolezza che tutto scorre e che non si può entrare due volte nello stesso fiume. Dunque, è naturale che nulla potrà essere come prima. Qualsiasi mutamento, per quanto piccolo, rappresenterà una conferma.

Il problema è che non si hanno idee precise su quali saranno i cambiamenti effettivi. Se n’è discusso a Pergine Valsugana, in Trentino, nell’ambito del progetto “Le mappe di Gordio” promosso dal think tank Il Nodo di Gordio. Il cambiamento, in ambito economico, riguarderà in particolar modo la globalizzazione. Con due scuole di pensiero opposte. La riproposizione della Guerra Fredda porterà a una spaccatura del mondo tra Occidente e Oriente oppure gli interessi economici e finanziari prevarranno e i traffici riprenderanno magari con l’esclusione della Russia?

È evidente che la seconda ipotesi è quella preferita dagli atlantisti. Ma è difficile credere che sia davvero possibile cancellare Mosca dalla scena economica internazionale. Diventa, però, anche difficile far finta che nulla sia successo. E non solo in ambito militare. La Russia si troverà in una situazione di palese difficoltà e di questo potrebbe approfittare la Cina. Ottenendo materie prime russe, indispensabili, a prezzi estremamente vantaggiosi e tali da metter fuori gioco le economie europee. Se poi, superando atavici contrasti, Cina e India dovessero creare una sorta di alleanza economica con Mosca, il trionfo asiatico sarebbe totale.

Ma se anche così non fosse, il clima di sfiducia generale condizionerebbe non poco i prossimi anni. Aver congelato le riserve finanziarie russe, aver sequestrato ville e yacht degli oligarchi di Mosca ha dimostrato che l’arbitrio prevale sul rispetto delle regole. Diventa più difficile investire all’estero nella consapevolezza che un cambio di governo e di alleanze può determinare il furto degli investimenti effettuati. Si tratta di una spinta formidabile verso l’autarchia. Meglio investire a casa propria, nelle attività del proprio Paese, piuttosto di rischiare sanzioni arbitrarie per liti tra governi esteri.

Ovviamente la Cina non può rinunciare ai colossali investimenti già in corso in ogni parte del mondo. Però in futuro potrebbe agire con maggiore prudenza. E lo stesso vale per i Paesi Arabi impegnati in una inevitabile diversificazione finanziaria per prepararsi alla fine della dittatura del petrolio. Quanto alla Russia, pagherà un prezzo elevato non solo per la guerra, ma anche e soprattutto per non essersi preparata per tempo al cambiamento. Continuando scioccamente a puntare su gas, petrolio e altre materie prime. Paradossalmente le sanzioni potrebbero rappresentare un vantaggio, obbligando Mosca a cambiare radicalmente la propria economia. Non soltanto modificando le insegne di McDonald’s e proponendo un fast food made in Russia, ma investendo sulla diversificazione economica. Affinché lo slogan “Prodotto da noi, prodotto per noi” abbia davvero un senso. E l’Europa? E l’Italia? Si vedranno passare sulla testa le decisioni altrui. E pagheranno un prezzo enorme per aver scelto di essere servi.

(*) Tratto da Il Nodo di Gordio ed Electomagazine.it

Aggiornato il 22 marzo 2022 alle ore 10:11