I sussidi a pioggia stanno sostituendo gli investimenti pubblici. Ogni studente di economia sa bene che l’intervento pubblico è utile nei momenti di stagnazione per compensare la diminuzione degli investimenti privati. Ma l’investimento dovrebbe riguardare opere durevoli nel tempo, come le infrastrutture. Sono evidenti, a esempio, i vantaggi che sono derivati dalla costruzione della rete autostradale e ferroviaria e il contributo offerto per la crescita dell’Italia. I sussidi, invece, agiscono in altro modo: agendo sul reddito disponibile e perciò sulla domanda di beni, dovrebbero spronare anche la produzione e, con essa, l’occupazione. Purtroppo, però, i sussidi spesso vanno a incrementare l’acquisto di beni di consumo d’importazione, per cui non producono effetti benefici sull’economia e non contribuiscono ad arricchire il patrimonio della nazione.
Il sussidio pubblico è necessario per ragioni di equità sociale, ma non deve prevalere sugli investimenti, che sono gli unici in grado di garantire opere infrastrutturali durevoli nel tempo. Sono evidenti i motivi per i quali l’elargizione di sussidi si sta diffondendo come pratica. Oltre alle esigenze di equità, le motivazioni vanno ricercate nella necessità di adottare misure di sostegno per far fronte alla crisi, nel consenso che possono assicurare e anche nella loro semplicità di erogazione. Una motivazione potrebbe essere cercata anche nella scarsa capacità decisionale dei poteri pubblici, che faticano ad elaborare progettualità di ampio respiro.
È sotto gli occhi di tutti che, in Italia, costruire un asilo richiede tempi paragonabili a quelli che sono stati necessari per costruire il tunnel sotto la Manica. Il patrimonio strutturale italiano è vecchio rispetto a quello di altri Paesi, certi ospedali sono scandalosamente fuori tempo e l’edilizia scolastica lascia spesso a desiderare. Se la situazione non cambierà, il rischio è di trovarsi nei prossimi anni con strutture ancora più fatiscenti e inadeguate.
Aggiornato il 22 marzo 2022 alle ore 12:43