I rifiuti indifferenziati, cioè quelli che non vengono riciclati, possono prendere tre strade. La prima è quella della discarica, con relativo inquinamento ambientale e conseguenti resistenze di amministratori locali, cittadini e comitati. La seconda è quella dell’abbandono indiscriminato, fenomeno purtroppo frequente in alcune regioni italiane, con possibile creazione di discariche abusive a cielo aperto. La terza è quella della combustione in termovalorizzatori dove i rifiuti bruciati producono energia, bene prezioso di questi tempi. È evidente che la terza soluzione è quella preferibile, infatti questi impianti sono utilizzati ovunque in Europa, ma anche nel nostro settentrione. L’approccio europeo è diverso da quello italiano e la costruzione di impianti non è osteggiata dai cittadini, neppure in luoghi abitati. Famoso è il caso di Copenaghen, dove sulla copertura di un impianto è stata realizzata una pista da sci.
Di 54 stabilimenti attivi nel nostro Paese, 13 si trovano in Lombardia, 9 in Emilia-Romagna e 4 in Veneto. Al centro-sud spicca la Toscana con 8 impianti, ma nel Mezzogiorno non si va mai oltre i due termovalorizzatori per regione, e la Sicilia addirittura non ne ha nessuno. La non autosufficienza delle regioni del sud comporta che quotidianamente una massa ingente di rifiuti prenda la via del nord o dell’estero. Eppure la combustione dei rifiuti si rivela una risorsa rinnovabile in grado di generare riscaldamento domestico e industriale, ma anche energia elettrica. Sono numerosi i comuni della Lombardia e di altre regioni del nord che usufruiscono del teleriscaldamento offerto dai termovalorizzatori. Gli oppositori sostengono che la combustione dei rifiuti in questi stabilimenti produce al termine del ciclo residui sia solidi che gassosi, nella misura del 10-15 per cento, che non sono ulteriormente utilizzabili.
L’osservazione è corretta, ma occorre chiarire. La parte solida non trasformabile, cioè le ceneri, viene trattata per eliminare il potenziale inquinante e, solo successivamente, viene conferita in discarica. Quanto ai fumi, va detto che l’impianto non li rilascia direttamente nell’aria, ma vengono prima sottoposti a un processo di filtraggio che trattiene gli elementi inquinanti. Inoltre, gli impianti sono muniti di sensori e filtri che verificano che le sostante nocive rimangano entro i limiti stabiliti dalla legge. In tutto questo si verificano situazioni paradossali: è frequente che i rifiuti prodotti al sud vengano trattati in termovalorizzatori presenti oltre confine e trasformati in energia che viene a sua volta rivenduta all’Italia. L’autosufficienza del sud nel trattamento dei rifiuti è un obbiettivo ancora molto lontano.
Aggiornato il 03 marzo 2022 alle ore 11:46