Ritengo utile riportare un parte dell’articolo comparso il 29 dicembre scorso sul Sole 24 ore a cura di Vincenzo Rutigliano. In particolare Rutigliano precisa: “Un anno dopo il giro di manovella la Tap non ha solo trasportato quasi 7,5 miliardi di metri cubi di gas azero, che in prospettiva potrebbero arrivare a 20, ma ha anche assicurato gli approvvigionamenti in una fase delicatissima per il Paese e calmierato il costo della materia prima di circa il 10 per cento. In due parole gas certo, dunque nessuna emergenza energetica e a prezzi all’ingrosso più bassi. Luca Schieppati, managing director di Tap – il “tubo” dentro cui scorre il gas azero che, estratto dal Mar Caspio, attraversa la Bulgaria, Grecia ed Albania, prima di approdare sulla costa salentina di San Foca a Melendugno – fa il bilancio del primo anno di operatività. E non è solo un bilancio numerico, quello dei 7,5 miliardi di metri cubi di gas trasportati, nel territorio italiano, dal 31 dicembre scorso, giorno dello start. Ad un anno dal “giro di manovella” il gas che, grazie all’allacciamento della Snam poi entra, dallo snodo di Mesagne, nella rete di grandi metanodotti nazionali “è arrivato in un momento estremamente critico per l’Italia e per l’Europa. Tap cioè non ha rappresentato solo un’importazione imprescindibile per la nostra sicurezza degli approvvigionamenti ma è anche un argine al costo dell’energia”. L’entrata in esercizio in questo anno infatti ha consentito di annullare sostanzialmente e, talvolta perfino di invertire il differenziale storico di circa il 10 per cento che l’Italia pagava sul prezzo all’ingrosso del gas naturale rispetto alle altre nazioni del centro e del nord Europa. Dunque il gasdotto ha tenuto al riparo da deficit di approvvigionamento il Sud e l’intero Paese assicurando, pro quota, approvvigionamenti costanti nella fase più critica della ripresa economica”.
Quello che riporta Vincenzo Rutigliano è la storia di un risultato ampiamente contestato e bloccato per molto tempo dalle reazioni degli Enti locali; un blocco ed una contestazione, quella in particolare del sindaco di Melendugno l’ingegner Marco Potì, che può anche essere compresa e capita; in fondo il sindaco era giustamente preoccupato che una delle coste più belle non della Puglia ma dell’intero Mediterraneo, potesse subire non tanto dei danni da possibili perdite di gas e quindi di inquinamento irreversibile quanto da possibili crolli della domanda turistica preoccupata dalla presenza in mare di un tale gasdotto.
Potì in realtà ha giustamente svolto una battaglia corretta per salvaguardare, ripeto, una qualità paesaggistica ed una ricchezza turistica irripetibile. Mentre non posso assolutamente giustificare l’atteggiamento del Movimento 5 stelle e, a tale proposito, ho ritenuto utile recuperare delle notizie che hanno caratterizzato il Movimento proprio nei momenti critici dell’approvazione e della realizzazione dell’opera.
Comincio ricordando quanto accaduto in un’assemblea pubblica a Melendugno, il 10 novembre 2013, l’allora parlamentare Barbara Lezzi metteva in guardia: “Se quell’accordo (l’accordo intergovernativo su Tap firmato nel febbraio precedente da Italia, Grecia e Albania) verrà ratificato, andremo a pagare una penale anche bella pesante e non potremo più tirarci indietro. Non è vero che è sganciato dalla ratifica, è falso, andate a leggere le carte”. Un mese dopo, il Parlamento lo ratificò, con l’abbandono dell’Aula da parte dei pentastellati.
Nella lunga campagna elettorale verso le politiche del 4 marzo 2018, tutto ciò è stato tralasciato. Anzi, la stessa Lezzi ha firmato, presso il municipio di Melendugno, un documento di impegno a fermare l’opera stilato da alcuni giuristi nelle forme di un “contratto con i candidati”. Pesante, sempre, è stato l’attacco ai candidati, in primis Pd ma anche del centrodestra, che hanno ammesso la difficoltà di azzerare tutto.
“Questa è un’opera di fantascienza”, diceva Beppe Grillo nel settembre 2014, ad una manifestazione anti gasdotto proponendo un referendum per dare la parola ai cittadini.
“Governo delle lobbies e delle banche, vattene a casa e portati via anche quel pagliaccio di Michele Emiliano che non mantiene le promesse fatte al Salento”, tuonava la stessa Lezzi il 28 marzo 2017, quando le ruspe hanno iniziato a rimuovere gli ulivi. “La giornata dell’orgoglio salentino non può essere trascurata dal governo e dalla Regione”, ripeteva ancora Lezzi il 3 aprile successivo, davanti alla platea di migliaia di persone che protestava contro la costruzione di Tap a Lecce.
L’apoteosi, in quei giorni, è arrivata con Alessandro Di Battista e il suo “con il Movimento 5 stelle al Governo blocchiamo questo progetto in 15 giorni” pronunciato sul palco di San Foca.
E poi la doccia fredda del presidente del Consiglio, voluto dal Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte con la triste dichiarazione: “stoppare il gasdotto in arrivo dall’Azerbaijan costerebbe troppo, quanto una manovra finanziaria”. Venti miliardi di euro è il calcolo minimo fatto da Socar, società di Stato azera. Venti miliardi è la cifra che ha ripetuto durante il vertice l’allora sottosegretario al Ministero dello Sviluppo economico, il pentastellato Andrea Cioffi, componente dell’Associazione interparlamentare Italia-Azerbaijan.
Aggiungo solo per correttezza di informazione la dichiarazione dell’allora Ministro Di Maio: “L’opera va fatta, non ci sono alternative. In campagna elettorale non sapevamo ci fossero penali” una dichiarazione che purtroppo contrastava con quanto dichiarato dall’onorevole Barbara Lezzi proprio in campagna elettorale. Una campagna elettorale davvero indimenticabile per il Movimento 5 stelle che, proprio grazie a queste promesse, a questi impegni sull’annullamento di una scelta strategica rivelatesi oggi essenziale, aveva consentito l’ottenimento, alle elezioni del 4 marzo 2018, di 24 collegi uninominali con oltre il 44 per cento delle preferenze e sfiorando il milione di voti alla Camera. Oltre il triplo rispetto al centrosinistra nel caso della Camera, dove il Pd raccoglieva soltanto il 13,67 per cento dei voti, e circa 12 punti in più del centrodestra, che si fermava intorno al 32 per cento sia alla Camera sia al Senato.
Pensavo e speravo che dopo l’articolo di Vincenzo Rutigliano e dopo gli oggettivi risultati positivi ottenuti dalla Tap la ex ministra Lezzi o lo stesso ex presidente Giuseppe Conte ammettessero gli errori commessi solo per aggregare un consenso che oggi diventa forse una delle motivazioni ormai irreversibile del crollo dell’intero Movimento; stranamente una corretta autocritica forse ridarebbe al Movimento stesso una dimensione politica, a mio avviso, mai posseduta.
(*) Tratto dalle Stanze di Ercole
Aggiornato il 02 febbraio 2022 alle ore 10:07