Quando la crisi del Covid-19 si è abbattuta sul nostro Paese, nel 2020, ci siamo trovati improvvisamente a corto di beni essenziali, come le mascherine. Il Governo ha fatto una cosa giusta: ha introdotto deroghe e semplificazioni temporanee in modo per accelerare la realizzazione di nuova capacità produttiva. Le semplificazioni rientrano da anni nel catalogo delle promesse elettorali. Non senza ragione: tutte le indagini internazionali mostrano che la scarsa qualità della Pubblica amministrazione e l’entropia normativa sono tra le grandi cause del declino italiano. E della stessa opinione sono gli italiani stessi, non appena si trovano a dover fare i conti con permessi e burocrazia. Se le cose stanno così, perché alle parole e agli impegni non corrispondono i fatti?
Non c’è maggioranza che non abbia emanato i suoi provvedimenti con l’intenzione di semplificare ma, poi, tra atti attuativi che non arrivano e correzioni che complicano, i risultati si vedono raramente. Uno degli ambiti nei quali la pratica della complicazione è più odiosa e visibile è la fase di recepimento delle direttive europee: sebbene esse abbiano l’obiettivo di ridurre le divergenze tra gli Stati membri, spesso ognuno ci mette del suo, talvolta anche ponendosi in contrasto col diritto dell’Unione, sovente con l’intenzione di usare gli arzigogoli burocratici per proteggere qualche rendita di posizione. In altri casi, la complicazione ha radici ideologiche: pensiamo ai limiti italiani sui campi elettromagnetici, che oltre ad aumentare i costi delle imprese finiscono anche per rendere il mercato meno concorrenziale, come più volte denunciato dall’Antitrust.
La tendenza a inasprire i vincoli condivisi a livello europeo, aumentando così le divergenze tra i diversi mercati, è nota come gold plating. In teoria, nel nostro Paese esiste dal 2005 un divieto che richiede di motivare questa pratica e la ammette solo se i maggiori oneri sono motivati da obiettivi specifici. Ma, in pratica, essa ha dato pochi risultati. D’altronde il gold plating è un fenomeno di rilevanza europea. Un rapporto del Lithuanian Free Market Institute – a cui ha partecipato anche l’Istituto Bruno Leoni – descrive quanto esso sia diffuso e quanti danni possa fare alle economie europee. Come uscirne? Si possono individuare una serie di accorgimenti pratici, quali per esempio la previsione di eseguire sistematicamente analisi di impatto della regolazione ex ante ed ex post (già esistente nel nostro ordinamento, ma sistematicamente disattesa).
Analogamente, andrebbe rispettato il principio “one in, one out”, in forza del quale prima di introdurre una nuova regola bisognerebbe abolirne almeno un’altra. Ma in ultima analisi la sfida della semplificazione è politica prima e più che tecnica: sono i decisori politici a dover volere regole più semplici. Finché la politica inseguirà la chimera dell’interventismo pubblico come criterio per leggere il mondo, la semplificazione sarà semplicemente impossibile.
Aggiornato il 19 gennaio 2022 alle ore 16:03