Rosso Mezzogiorno

Circa due anni fa, in particolare il 19 settembre del 2019 in una riunione di tutte le Regioni periferiche della Unione europea svoltasi a Palermo, il direttore generale del Dipartimento delle Politiche regionali della Unione europea, Marc Lemaître denunciò, formalmente, le inadempienze del nostro Paese in merito all’utilizzo delle risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione; in tale occasione ricordò che la mancata spesa era da addebitare sia alla parziale erogazione delle quote di partecipazione da parte dello Stato italiano e sia alla incapacità davvero patologica dell’organo centrale e di quello locale nella concreta attivazione della spesa.

In quella sede ci rendemmo conto che dei 54 miliardi assegnati all’Italia nel 2014 dal Fondo di Sviluppo e Coesione erano stati impegnati solo circa 24 miliardi e spesi solo 3,8 miliardi di euro. Chi segue i miei approfondimenti ricorderà che, volutamente, aspettai qualche giorno prima di fare commenti; speravo infatti che a livello di Governo o a livello regionale qualcuno smentisse Lemaître; invece ci fu solo una reazione da parte del vicepresidente della Regione Sicilia, Gaetano Armao, il quale ribadì che bisognava, giustamente, affrontare in modo organico e immediato una simile denuncia, bisognava trovare le modalità per evitare di perdere un volano di risorse così rilevante e così essenziale per il Mezzogiorno.

L’Unione europea ci consentì di spendere entro e non oltre il 31 dicembre 2023 quanto non eravamo stati capaci di impegnare e spendere e, per questo motivo, il ministero della Economia e delle Finanze nella Legge di Stabilità 2021 al Capitolo 8000 inserì una disponibilità di 30,441 miliardi di euro. Una disponibilità da “spendere”, ripeto, entro il 31 dicembre del 2023. Un vincolo impossibile, infatti il ministero dell’Economia e delle Finanze, conoscendo la reale capacità di spesa sia dei Dicasteri che delle Regioni inserì, nel triennio, una disponibilità di cassa globale di soli 7 miliardi. È utile ricordare che di tali risorse l’85 per cento va alle Regioni del Sud e quindi trattasi di una assegnazione di circa 26,5 miliardi di euro.

Tutto questo accadeva alla fine del 2019 e nel 2020; ma da ormai due anni nessuno, escluso ripeto le mie denunce e quelle più volte riportate dal Quotidiano del Sud, sia a livello centrale che regionale, aveva sollevato una simile emergenza, una simile criticità: il Mezzogiorno, in realtà, si avviava in modo irreversibile verso la perdita sicura di 26,5 miliardi di euro.

Ebbene, dopo oltre due anni il settimanale L’Espresso e il quotidiano Il Sole 24 Ore, quasi contemporaneamente, tra il 19 ed il 20 novembre, hanno pubblicato articoli in cui viene ribadito (così l’Espresso): “Proprio in questi giorni l’Ance ha elaborato uno studio nel quale sottolinea come della programmazione dei Fondi Ue 2014-2020 l’Italia debba ancora spendere 28,7 miliardi e che sul Fondo di Coesione territoriale stanziato sette anni fa pari a 47,6 miliardi a oggi il livello di spesa sia pari al 7,5 per cento, cioè appena 3,6 miliardi di euro”.

Mentre per Il Sole 24 ore: “Fondi Ue, Italia ferma al 48,2 per cento: 32 miliardi da spendere in 26 mesi. Se l’obiettivo non sarà centrato, i finanziamenti verranno cancellati per disimpegno automatico”. Ma Il Sole 24 Ore riporta anche un elenco della capacità di spesa delle Regioni del Sud, quelle a cui in realtà viene assegnato come detto prima l’85 per cento dell’intero Fondo; in particolare in Campania su una disponibilità di 4,1 miliardi di euro sono ancora da certificare come spesi 2,3 miliardi di euro. E sempre Il Sole 24 Ore riporta quasi integralmente una mia dettagliata denuncia fatta circa undici mesi fa e che riporto di seguito: “La fase finale del 2014-2020 si sovrappone non solo all’avvio dei progetti e delle riforme finanziati dai 2022 miliardi del Pnrr da spendere entro il 2026, ma anche alla definizione della programmazione (sempre del Fondo Coesione e Sviluppo 2021-2027) che partirà con inevitabile ritardo. Entro Natale è attesa la notifica alla Ue dell’accordo di partenariato tra Italia e Ue che declina la spesa di fondi strutturali per 82 miliardi (sempre se saranno confermati i 40 miliardi di cofinanziamenti nazionale”.

Come ho già ribadito in passato, pensavo che i presidenti delle Regioni del Sud, sì di quelli più battaglieri come Nello Musumeci per la Regione Sicilia, Vincenzo De Luca per la Regione Campania e Michele Emiliano per la Regione Puglia, di fronte a queste tragiche conferme, di fronte a queste analitiche e capillari esposizioni di incapacità gestionale e, soprattutto di fronte a questo rischio di azzeramento di un volano così rilevante di risorse, avrebbero chiesto un incontro urgente con la ministra Mara Carfagna e con il presidente del Consiglio, Mario Draghi, per cercare, intanto, di chiarire formalmente le responsabilità.

A tale proposito, infatti, è utile chiarire tre distinte responsabilità:

– la reale e sistematica copertura della quota percentuale (50 per cento) del Fondo Ue da parte del nostro Paese; come detto prima dal direttore Lemaître il nostro Paese non ha rispettato il versamento, nelle varie annualità, delle percentuali di sua competenza;

– la responsabilità nell’impegno e nella spesa dei Pon (Programmi operativi nazionali) di competenza dei Dicasteri e quindi dell’organo centrale;

– la responsabilità nell’impegno e nella spesa dei Por (Programmi operativi regionali) di competenza delle singole Regioni.

Un confronto urgente per traguardare due distinte finalità:

– riuscire, davvero, a spendere almeno i 26,5 miliardi di euro delle Regioni del Mezzogiorno entro il 31 dicembre del 2023;

– evitare che il confronto in corso per la definizione del Programma 2021-2027 sia penalizzato da questa cattiva e assurda gestione del Programma 2014-2020.

Spero che questa mia denuncia; identica a quella da me fatta nel novembre del 2019, nel gennaio del 2021, nel maggio del 2021 e nel mese di settembre 2021 non resti ancora una volta un “gratuito” e non ascoltato richiamo. Se questa mia denuncia fosse stata condivisa nel mese di novembre del 2019 forse non avremmo perso due anni. Siamo, dopo sette anni, ancora o nella fase pre-progettuale o, come nel caso di Livorno e di Ravenna, all’avvio dei bandi di gara.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 15 dicembre 2021 alle ore 10:35