Dalla Tabella riportata di seguito si evince che il volano di risorse globale si attesta su un valore complessivo, per interventi nel comparto delle ferrovie, di 24.706 milioni di euro; di tale importo al Sud vengono assegnati 8.811 milioni di euro, a questo ultimo importo vanno aggiunte circa ulteriori 1.200 milioni di euro relativi a due ulteriori voci di spesa che riguardano l’intero assetto ferroviario e cioè “Upgrading ferrovie regionali” e i “Nodi metropolitani”.

Se effettuiamo una sommatoria delle risorse che, secondo le previsioni di spesa più ottimistiche, saranno realmente spese nel Mezzogiorno scopriamo che l’importo massimo si aggira su 2.700 milioni di euro comprensivi della quota relativa agli interventi relativi alle voci “Upgrading ferrovie regionali” e i “Nodi metropolitani” da realizzare nel Mezzogiorno. Quindi, da oggi fino alla fine del 2023 dovrebbe potersi spendere al Sud un importo globale, ripeto, di circa 2.700 milioni di euro mentre nel Centro Nord tale somma supera i 6.100 milioni di euro. Sicuramente, leggendo questi dati ci saranno coloro che diranno che in realtà verranno assicurati entro il 2026 al Mezzogiorno circa 10.211 milioni di euro oltre il 40 per cento delle risorse assegnate alle infrastrutture ferroviarie ma io ritengo importante soffermarmi su un dato temporale, sull’importo cioè che nei prossimi tre anni e mezzo siamo in grado di attivare concretamente nel Mezzogiorno. Siamo in grado di “cantierare” nel territorio meridionale solo, ripeto ancora, 2.700 milioni di euro mentre nel resto del Paese circa 5.400 milioni di euro.

Questa distanza, a mio avviso, non va misurata in termini percentuali ma occorre valutare attentamente quanto tali opere incidano davvero nel territorio e quanto rappresentino in termini di recupero del gap esistente tra Mezzogiorno e Centro Nord. Ed allora facciamo un focus su ogni singola opera e scopriamo quanto gli interventi proposti nel Recovery Plan siamo distanti, sempre nel Sud, dalla reale e misurabile cantierizzazione delle opere, Infatti: solo nel 2022 sarà aggiudicata definitivamente la tratta Orsara-Bovino sulla Napoli-Bari e la tratta Catena Nuova-Dittaino e Dittaino-Enna sull’asse Palermo-Catania; solo nel 2024 sarà aggiudicata la tratta Battipaglia-Romagnano sulla Salerno-Reggio Calabria; solo nel 2024 sarà aggiudicato un modesto lotto dell’asse Roma-Pescara; solo nel 2024 sarà aggiudicato una parte dei 35 chilometri dell’asse Taranto-Metaponto-Potenza-Battipaglia.

Questo quadro è senza dubbio scoraggiante perché mette in evidenza le responsabilità da anni denunciate in merito alla volontà politica nel non dare attuazione organica e concreta agli investimenti infrastrutturali nel Sud. La responsabilità non è assolutamente delle Ferrovie dello Stato, che sin dal 2015 avevano inserito queste opere nei Contratti di programma ma dei Governi che, dal 2015 al 2021, si sono succeduti e, come più volte ribadito, hanno preferito destinare annualmente oltre 14 miliardi di euro per interventi in conto esercizio quali il “reddito di cittadinanza”, il “quota 100” e gli “80 euro di renziana memoria”.

In proposito voglio ricordare che questo assurdo blocco è stato anche voluto dal Parlamento, infatti i Contratti di programma di Ferrovie dello Stato e di Anas sono rimasti fermi nelle rispettive Commissioni, per ricevere il relativo parere per oltre tre anni e non trenta giorni come previsto. Ebbene, come si evince sia dal quadro delle risorse, sia dall’elenco delle fasi di aggiudicazione delle opere, il Mezzogiorno continuerà a rincorrere, senza mai raggiungerle, le soglie di efficienza infrastrutturale del Centro Nord.

Solo un piccolo interrogativo: perché non si è subito deciso di avviare i lavori del Ponte sullo Stretto in quanto già aggiudicati? Lo so la risposta è molto facile: in tal modo per la prima volta nella storia del Paese il Mezzogiorno avrebbe superato il Centro Nord in termini di reale assegnazione delle risorse e di utilizzo delle stesse e questo non è assolutamente consentito. Non è consentito non da schieramenti politici del Centro Nord. ma da quelli come il Movimento 5 Stelle che ha ottenuto un consenso diffuso proprio nel Mezzogiorno.

Dobbiamo ormai solo sperare nelle future generazioni, quando forse ci si convincerà che la gestione di simili programmi, di simili scelte, va fatta non da una singola Regione ma da ciò che giorno dopo giorno sta crescendo. Mi riferisco al Movimento Mezzogiorno Federato.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 19 maggio 2021 alle ore 11:43