Il quotidiano Il Messaggero il giorno 15 marzo ha pubblicato un articolo dal titolo: “Così il treno avvicinerà l’Italia: Salerno-Reggio Calabria, 60 minuti in meno e da Roma a Bari in appena tre ore” e ha riportato il seguente quadro sintetico:

Questo quadro è senza dubbio carico di speranza ed anche di certezze, perché va dato atto alle Ferrovie dello Stato di aver mantenuto quasi sempre gli impegni assunti nel tempo sulla realizzazione delle reti ferroviarie ad alta velocità e, se ritardi ci sono stati, nel maggior parte dei casi si è trattato di un ritardo nei trasferimenti di risorse da parte dello Stato o dei blocchi nell’avanzamento dell’approvazione dei progetti come quello effettuato sempre dal Governo dal 2015 in poi attraverso il metodo del project review.

Questo quadro mette sì in evidenza un contenimento dei tempi di percorrenza ma denuncia chiaramente una irreversibile marginalizzazione della Sicilia. I siciliani otterranno una riduzione rilevante dei tempi di collegamento tra Palermo e Catania e per il resto la rete ferroviaria siciliana servirà solo per rispondere alle esigenze di mobilità interna dei siciliani, mentre per le merci, anno dopo anno, la movimentazione su strada annullerà del tutto quella su ferrovia, già oggi, sempre in Sicilia in avanzata fase di azzeramento. Allora a cosa è servito l’impegno della Unione europea nel redigere il sistema delle Reti Ten-T, a cosa è valso il chiaro obbligo di dare continuità funzionale ai nove Corridoi plurimodali se poi oggi proprio il Corridoio Helsinki-La Valletta, che a tutti gli effetti possiamo considerare la spina dorsale dell’intero assetto comunitario a 27 Paesi, non trova la continuità territoriale tra la Sicilia ed il continente?

Tra l’altro, non credo sia sufficiente prendere in considerazione solo l’approccio del nostro Governo ancora non convinto della realizzazione di un simile intervento; è bene infatti ricordare che le Reti Ten-T sono state approvate dalla Commissione europea e dal Parlamento europeo e quindi rimangono allo stato l’unico riferimento pianificatorio della Unione europea; un riferimento pianificatorio che non può essere in alcun modo disatteso dagli Stati membri della Unione europea e, soprattutto, sarà utile conoscere come possa il nostro Paese rispondere correttamente alle finalità del redigendo Recovery plan, caratterizzato da una chiara finalità ad abbattere l’inquinamento atmosferico, a rispondere al nuovo approccio green, consentendo però contestualmente che oltre 60 milioni di tonnellate di merci, per oltre il 95 per cento, si muova in Sicilia solo su strada.

Cioè come potranno continuare a difendere le loro idee i sostenitori del “collegamento stabile teorico” (dopo dirò cosa intendo per collegamento stabile teorico) quando si troveranno sempre più una produzione di milioni di Co2 inarrestabile, una incidentalità stradale sempre più crescente ed un consumo energetico completamente antitetico con le finalità descritte proprio nelle linee guida e nel Regolamento per la ripresa e la resilienza approvato dal Parlamento europeo?

In realtà finora, sia nel Governo Conte bis, sia nell’attuale Governo abbiamo assistito sì ad un crollo del tabù del collegamento stabile tra la Sicilia ed il Continente (sarebbe più igienico dire l’Europa) ma contestualmente abbiamo assistito prima all’effetto tartaruga della Commissione istituita dalla ministra Paola De Micheli sulla scelta della possibile soluzione, poi alla esigenza di approfondimenti, poi all’ultima dichiarazione del ministro Enrico Giovannini sulla necessità di completare prima le varie reti, le varie infrastrutture direttamente e indirettamente interagenti con il collegamento stabile. Solo per un problema di età dal 1986, dalla data in cui è stato approvato il primo Piano Generale dei Trasporti, ho raccolto tutte le dichiarazioni non di coloro che erano contrari, perché va dato atto la loro onestà mentale è stata sempre trasparente e chiara, ma di coloro che “ritenevano l’opera essenziale ma solo a valle della sistemazione delle reti in Sicilia e in Calabria”, di coloro che “ritenevano opportuno prima della realizzazione di un’opera così impegnativa e senza dubbio essenziale effettuare una verifica approfondita delle ricadute economiche dirette ed indirette”, di coloro che “pur condividendo l’opera ritenevano opportuno effettuare, prima della scelta definitiva, un dibattito pubblico”.

Potrei continuare ma penso emerga subito da questa mia elencazione che queste dichiarazioni, tutte mirate a realizzare quello che ho definito “collegamento stabile teorico”, non possono più concludersi e definirsi all’interno del Paese ma necessariamente la sede deve essere solo quella della Unione europea e in quella sede dovranno far valere il proprio ruolo anche le Regioni del Mezzogiorno perché non ha senso ricevere risorse dal Fondo di coesione e sviluppo (30 miliardi da spendere ancora entro il 31 dicembre 2023 e circa 50 miliardi nel Programma 2021-2027) e poi non consentire al Mezzogiorno di disporre di un cordone ombelicale (il Corridoio Helsinki-La Valletta) in grado di essere una arteria fluida capace di dare alla Sicilia e al Mezzogiorno tutti i gradi di libertà per interagire logisticamente con il vasto sistema comunitario.

La cosa grave è che non si vuole dire di sì ad un’opera che ha subito tutti i filtri istruttori di natura tecnica ed economica, ad un’opera che ha portato a termine analisi sofisticate soprattutto di carattere ambientale, ad un’opera la cui cantierabilità è testimoniata dal fatto che è già stata spostata una tratta ferroviaria in Calabria per consentire la ubicazione di una delle due pile del Ponte. Allora forse è il momento di chiedere, proprio a questo Governo che in questi giorni deve portare a termini due difficili scadenze, quali il Recovery plan ed il Documento di Economia e Finanza, di non essere più sostenitore di coloro che vogliono il “collegamento stabile teorico” ma dica apertamente che purtroppo il ponte incrinerebbe i rapporti con uno schieramento politico che senza alcuna motivazione ma solo come logica di schieramento è contrario da sempre alla realizzazione del Ponte.

Il Paese, il Mezzogiorno e soprattutto l’Unione europea non capiranno una simile decisione ma almeno porremo fine a questa folle ipocrisia non credo congeniale con un Governo presieduto da una personalità come quella di Mario Draghi.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 22 marzo 2021 alle ore 10:05