La pandemia contagia le economie mediterranee

Le restrizioni che stiamo sperimentando a più riprese per la pandemia da Covid-19 hanno senza dubbio plasmato il volto della nostra società, trasformando lavoro, stili di vita, consuetudini e influenzando naturalmente l’economia dei diversi Stati. Agli effetti geopolitici, sociali ed economici della pandemia sui Paesi del Mediterraneo è dedicato il focus del Mediterranean Economies 2020 (Me20), versione internazionale del Rapporto sulle economie del Mediterraneo (Rem), curato dall’Istituto di studi sul Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismed) e recentemente presentato da Napoli in modalità remota. Alla presentazione hanno preso parte gli economisti Giovanni Tria e Claudio De Vincenti e il direttore del Dipartimento Scienze umane e sociali, patrimonio culturale del Cnr, Gilberto Corbellini.

“La pandemia ha confermato che la mobilità e il commercio internazionale sono cruciali per sostenere la crescita in molti Paesi, in particolare nelle piccole economie aperte. In questo senso le economie mediterranee si sono dimostrate particolarmente vulnerabili alle limitazioni del commercio internazionale e dei movimenti di capitali e persone, e una crisi prolungata rischia di avere gravi conseguenze economiche, sociali e politiche, con effetti destabilizzanti nelle aree più deboli” ha affermato Salvatore Capasso, curatore del volume e direttore Cnr-Ismed.

“La recessione che seguirà il blocco sarà grave: il Fmi stima una riduzione dell’economia globale di circa il 3 per cento nel 2020, peggiore di quella seguita alla crisi finanziaria del 2008-09”, ha proseguito Capasso “inoltre questa crisi, a differenza delle precedenti, è veramente globale, per cui l’attività mondiale non può contare sul sostegno vitale di nessuna area non colpita”.

Nel corso della presentazione, gli autori hanno evidenziato tre elementi che hanno determinato le differenze di reazione alla crisi economica dei Paesi: il grado di contagio, la fragilità di determinati settori economici e la dipendenza dalle economie dell’estero. Incrociando queste variabili, i ricercatori hanno ottenuto un mosaico complesso e variegato: alcuni comparti sono stati colpiti solo marginalmente dalla pandemia o addirittura ne hanno beneficiato, tra questi l’elettronica. Il settore del turismo, invece, è quasi completamente inattivo.

A pagare le conseguenze della forte caduta della domanda globale di turismo e dei traffici internazionali saranno, soprattutto, le economie piccole e più dipendenti dai settori esposti. “I dati Fmi indicano che la contrazione dell’attività economica nell’area mediterranea sarà di circa l’8,35 per cento. Quella stimata per il 2020 del Prodotto interno lordo italiano è del 10,5 per cento, contrazione che sarà recuperata solo nel 2025”, ha proseguito il direttore del Cnr-Ismed. “Una sorte simile tocca ai Paesi della sponda sud (Spagna, Portogallo e Grecia) che però, secondo le stime del Fmi, godranno di una ripresa più vigorosa già a partire dal 2021. I tassi di disoccupazione nel 2020 salgono ovunque e in Spagna e Grecia superano il 20 per cento, in Italia si prevede che resti intorno all’11,8 per cento anche nel 2021. In tutta l’area del Mediterraneo i tassi di risparmio si sono significativamente ridotti nel 2020, a indicare che i consumi si trovano a livelli difficilmente comprimibili. A seguito degli interventi di sostegno dei governi, in tutti i Paesi del bacino l’indebitamento pubblico conosce notevoli incrementi. In Italia tra 2019 e 2020 il rapporto debito-Pil passa da 126 per cento al 149 per cento ed è atteso in lieve riduzione a partire da quest’anno”.

In questo contesto, inoltre, altro fattore da tenere in considerazione, secondo autori e partecipanti, è che la pandemia sta accentuando la sempre maggior centralità cinese nello scacchiere internazionale, una dinamica che può incidere sulla perifericità del Mediterraneo e di cui l’Italia deve tener conto. Altro tema affrontato durante la diretta è stata quello dei movimenti migratori, quasi scomparsi dallo scenario del dibattito pubblico in questo anno di emergenza sanitaria. “Nel corso del 2020 in tutta l’area mediterranea la pandemia ha provocato una serie di misure volte a bloccare la mobilità quali: chiusura delle frontiere nazionali e chiusura dei confini regionali nei singoli Paesi. Sulle migrazioni internazionali il blocco ha provocato numerosi effetti negativi e uno dei settori maggiormente colpito è stato quello agricolo.

“Il blocco dei flussi ha suscitato allarme e proteste nel comparto agricolo, nel quale lo spostamento della manodopera sia a livello locale sia a livello internazionale rappresenta un elemento strutturale. La pandemia ha dimostrato quanto la componente straniera sia fondamentale per la sopravvivenza dell’intero settore”, ha puntualizzato Michele Colucci del Cnr-Ismed, tra gli autori del Rapporto.

Desirée Quagliarotti che nel volume ha analizzato il nesso tra confini planetari e malattie infettive emergenti nella regione mediterranea, ha sottolineato come gli effetti combinati delle conseguenze sanitarie ed economiche stiano mettendo a dura prova molti Paesi in via di sviluppo e come le disuguaglianze stiano aumentando a tutti i livelli, mettendo a rischio il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.

“Si delinea la necessità di un approccio integrato alla salute pubblica, che riconosca le complesse interazioni tra fattori biologici, comportamentali, ambientali, sociali e di sviluppo” ha avvertito la ricercatrice.

(*) Tratto da Il Nodo di Gordio

Aggiornato il 15 marzo 2021 alle ore 12:34