Evitiamo di dare numeri una volta per tutte

Non voglio ricordare quei dati e quelle previsioni fornite dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, il 21 luglio scorso quando in una conferenza stampa ci assicurò che il nostro Paese aveva ottenuto dalla Unione europea 81,4 miliardi a fondo perduto e 127, miliardi in prestito agevolato e, sempre il 21 luglio, il presidente ci anticipò che entro la fine del 2020 avremmo avuto una prima tranche pari a circa il 10 per cento, cioè circa 20 miliardi di euro. Non voglio ricordarlo perché in realtà quella del presidente Conte non era una comunicazione corretta; infatti non ci disse che quella era solo una proposta e che la stessa andava poi approvata dal Consiglio e dal Parlamento europeo e non ci disse che solo dopo l’approvazione del Parlamento la Unione europea avrebbe potuto recuperare sui mercati le risorse necessarie per garantire il Fondo. Questa è ormai storia e abbiamo scoperto che quella era solo una speranza, una speranza finora restata tale. E mi spiace che in questi giorni anche il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni, che stimo, sia cascato in una trappola mediatica dichiarando che la Unione europea pensa di mandare avanti il Recovery Fund senza coinvolgere la Polonia e la Ungheria; a mio avviso non credo sia perseguibile un simile itinerario perché per poter rendere possibile una simile ipotesi bisognerebbe avviare una procedura di modifica dei “pilastri costitutivi della Unione europea” e ciò comporterebbe tempi lunghi, almeno otto mesi o addirittura un anno. Cioè una ipotesi del genere vedrebbe una disponibilità del 10 per cento del Recovery Fund non entro settembre del 2021 ma, forse, nei primi mesi del 2022.

C’è un’altra elencazione di numeri e di previsioni avanzate dal ministro dell’Economia e delle Finanze, Roberto Gualtieri, alla fine del mese di settembre e nei primi giorni di ottobre, in quella occasione il Ministro ci aveva detto, con una forte carica di entusiasmo, che la crescita del Prodotto interno lordo durante la estate era stata davvero rilevante e che negli ultimi mesi dell’anno avremmo assistito ad una crescita del Pil inaspettata. In realtà, secondo il ministro Gualtieri la tendenza positiva avrebbe annullato le previsioni negative portate avanti dal mondo industriale. In modo inesorabile l’Istat ha comunicato all’inizio del mese di dicembre che si passa da uno scenario primaverile che indicava – 8,3 per cento il Pil di quest’anno e + 4,6 per cento quello del 2021 agli attuali – 8,9 per cento del 2020 e + 4 per cento del 2021. Sempre l’Istat ricorda che un altro dato preoccupante, soprattutto per il 2021, è quello relativo alla occupazione, quando usciranno di scena gli stop ai licenziamenti passeremo automaticamente ad una percentuale della disoccupazione a due cifre, passeremo infatti dall’attuale soglia del 9,4 per cento ad oltre l’11 per cento. Ma anche le previsioni ottimistiche, avanzate sempre dal ministro dell’Economia sulla crescita dei consumi trova nella nota dell’Istat un ulteriore allarme: “Quest’anno il crollo del Prodotto interno lordo sarà determinata, soprattutto, dalla domanda interna (- 7,5 per cento) mentre l’anno prossimo la domanda aggregata tornerebbe sì in positivo ma con un contributo contenuto (+3,8 per cento)”.

Ancora un’altra previsione comparsa, finalmente dopo mesi, in modo ufficiale all’interno del Capitolo n.8000 del Ministero dell’Economia e delle Finanze del Disegno di Legge di Stabilità 2021 relativa alle risorse ancora disponibili del Programma comunitario 2014–2020. Il valore globale di quel programma era di circa 54 miliardi di euro e ad oggi sono ancora disponibili perché non impegnati e non spesi 30.441.884.804 (sì oltre trenta miliardi di euro) e, cosa ancor più grave, dei 24 miliardi impegnati la spesa reale non ha superato i 5–6 miliardi di euro; cioè in sei anni abbiamo impegnato 24 miliardi di euro, ora, secondo le previsioni del ministero dell’Economia e delle Finanze, in soli tre dovremmo essere in grado di impegnarne oltre 30 miliardi di euro. In realtà il ministero sa benissimo che è un obiettivo quasi impossibile ed infatti, come si vede dalla tabella di seguito riportata, le disponibilità di cassa, cioè le previsioni reali di spesa sono 2,9 miliardi nel 2021, 3 miliardi nel 2022 e meno di un miliardo nel 2023. In fondo, in un modo diplomatico, stiamo anticipando alla Unione Europea la richiesta di utilizzare quota parte delle risorse non spese nel Programma 2021 – 2027.

Solo che a quel punto bisognerà ammettere che le Previsioni inserite nel Pnnr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) in cui si prevede un valore di circa 73 miliardi di euro di cui già 50 miliardi di euro sono previsti nel disegno di Legge di stabilità 2021, in realtà contengono già la quota di circa 30 miliardi non spesi nei sei anni precedenti. La conclusione banale ma non bella è che il Mezzogiorno d’Italia ha perso almeno 25 miliardi di euro (infatti la quota al Mezzogiorno è pari all’85 per cento del Programma comunitario).

È un blog questo pieno di numeri e di previsioni ma la cosa davvero preoccupante è che, leggendoli attentamente, scopriamo che trattasi di dati e di previsioni che il Governo farebbe bene a non fornire più perché in ognuno di essi emerge, in modo chiaro, la non attendibilità, la non credibilità del Governo stesso e, purtroppo, un simile comportamento, ormai sistematico, ci convince sempre più che ancora una volta, soprattutto per il Mezzogiorno, saremo costretti a ricevere dati, previsioni ma difficilmente potremo intravedere i segnali della crescita.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 10 dicembre 2020 alle ore 10:55