Come un Governo “ombra”. Irritata dai ritardi e dalle negligenze della Commissione, la Confederazione europea dei sindacati (Ces) ha deciso di emanare una sua propria direttiva sulla trasparenza salariale, per dare un segnale su quanto (non) sta accadendo a Palazzo Berlaymont. Entro i primi cento giorni del suo mandato, ricorda la Ces, Ursula von der Layen, presidente della Commissione Ue, aveva promesso “misure vincolanti di trasparenza salariale”. Ne sono passati poco meno di 350, e le donne dell’Unione europea “stanno ancora aspettando la proposta della Commissione per affrontare il divario retributivo del 16 per cento con gli uomini”. Oltre al ritardo, poi, c’è anche la beffa. Perché la stessa Commissione, fa sapere il sindacato europeo, ha messo in dubbio il proprio impegno su questa iniziativa contrassegnandola come “da confermare” nel suo calendario, la cui pubblicazione è stata rinviata almeno al 15 dicembre.
Da par suo, la Ces ha incaricato alcuni esperti in diritto del lavoro europeo proprio con l’obiettivo di elaborare una legislazione giuridicamente valida che possa essere in qualche modo “d’ispirazione” al lavoro dell’esecutivo Ue. La “direttiva ombra” di Boulevard du Roi Albert II è composta da 18 articoli. Tremila parole in sette pagine che contengono quattro principi fondamentali: abolizione delle clausole di segretezza salariale nei contratti, per poter permettere lavoratori di negoziare i propri salari; diritto a richiedere la divulgazione delle informazioni sulla valutazione del lavoro per stabilire la parità di retribuzione per un lavoro di pari valore; diritto di richiedere a tutti i datori di lavoro di produrre audit informativi sulle retribuzioni e piani d’azione annuali sulla parità di retribuzione; sostegno ai sindacati nelle loro trattative con i datori di lavoro per affrontare il divario retributivo. Secondo le stime della Ces, le donne nell’Unione europea dovranno aspettare fino al 2104 per godere della parità di retribuzione, senza una legislazione comunitaria adeguata che acceleri la riduzione dell’attuale divario.
L’elezione della prima donna presidente della Commissione e la sua promessa di trasparenza retributiva, rileva la Ces, avevano portato una speranza concreta di cambiamento per le lavoratrici europee. “Sfortunatamente, però – commenta Esther Lynch – la parità di retribuzione sembra svanire dall’agenda della Commissione, nonostante le donne costituiscano in questo momento la maggioranza della forza lavoro in prima linea contro il Covid-19, e nei lavori sottopagati come l’assistenza e le pulizie”. Esortiamo la presidente von der Leyen, afferma la vicesegretaria generale, “a impegnarsi nuovamente per la legge sulla trasparenza salariale che ha promesso, per evitare che le donne in Europa debbano attendere il prossimo secolo per ottenere la parità di retribuzione”.
Aggiornato il 13 novembre 2020 alle ore 10:52