Quando usciremo dall’emergenza sanitaria, quale sarà lo stato del mercato del lavoro?

Blocco dei licenziamenti, sussidi, cassa integrazione, prestiti... Quali saranno le conseguenze di medio-lungo termine sul mercato del lavoro delle politiche adottate dal Governo?

Di questo si è parlato ieri in occasione del webinar Mercato del lavoro: ecosistema o foresta di pietra? Sono intervenuti Alessandra Lanza (senior partner, Prometeia), Marco Leonardi (consigliere del Ministero dell’Economia e delle Finanze, professore di Economia politica all’Università degli Studi di Milano), Nicola Rossi (professore ordinario di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata, consigliere d’amministrazione dell’Istituto Bruno Leoni) e Francesco Seghezzi (presidente, Fondazione Adapt). Il webinar è stato introdotto e coordinato da Carlo Stagnaro (Istituto Bruno Leoni).

Per Rossi, un ecosistema è autosufficiente e in un equilibrio dinamico, mentre una foresta di pietra conserva in maniera molto puntuale i caratteri di un dato momento storico. In che stato si trova l’Italia? Nessuna delle due definizioni forse ci aiuta a capire cosa sta succedendo al nostro mercato del lavoro. Comunque sia, questo nostro mercato del lavoro non funziona e ha in sé un carattere che è proprio del paese: agli italiani si dà quotidianamente il segnale che è meglio non rischiare. Ma questo è un approccio conservatore e strettamente rinunciatario, che la politica ha fatto proprio ed eretto a sistema da molto tempo. Se non rischiamo, però, non riusciremo mai ad uscire da questa spirale negativa.

Per Leonardi, in questa fase a dettare i tempi è stata la sanità. La crisi è stata pagata sicuramente dai contratti a termine, diffusi soprattutto tra i giovani, che non sono stati rinnovati e dal lavoro autonomo, che non ha le protezioni dei subordinati.  Ma quali devono essere le priorità per un futuro che speriamo non sia troppo lontano? Sicuramente uscire dal blocco dei licenziamenti. Successivamente bisogna fermare la moratoria dei debiti e dei prestiti garantiti dallo Stato, e dopo ancora la cassa integrazione. 

Nonostante tutto, come ha messo in evidenza Lanza, gli indicatori che riguardano i fallimenti delle imprese sono paradossalmente meno negativi di quanto ci si aspetterebbe. Alcuni settori però non torneranno mai ai livelli pre-covid (ad es. trasporti ed entertainament): saranno obbligati a ristrutturarsi. Perché, come ha detto Seghezzi, siamo entrati nella crisi portandoci dietro delle debolezze, come l’assenza di un vero sistema di politiche attive del lavoro. E’ impensabile mettere in atto delle riforme strutturali adesso, ma quando sarà finita l’emergenza sanitaria scopriremo una situazione molto peggiore rispetto a un anno fa. Per questo bisognerà fare molta attenzione a dove e come spenderemo i soldi del Recovery fund.

Aggiornato il 10 novembre 2020 alle ore 11:24