Il piatto piange: salari in stagnazione nel nostro Paese

Penultimo posto, davanti solo alla Spagna. Questo il dato sui salari, tra i più bassi e con gli incrementi minori, nel confronto con le maggiori economie dell’Eurozona. Secondo quanto appreso, nel 2019 superano appena i 30mila euro lordi. Questi i dati emersi dalla ricerca della Fondazione di Vittorio della Cgil. In pratica, il salario medio annuo (lordo e per un lavoratore dipendente) in Belgio e nei Paesi Bassi, nel 2000, era rispettivamente sui 43,4mila euro e 44mila euro. A fine 2019 ha segnato una crescita dell’8,8 per cento e del 9,9 per cento. In Germania e Francia, tenendo conto dello stesso periodo, è salito del 18,4 per cento e del 21,4 per cento. In Italia e Spagna, gli sono stati aumenti del 3,1 per cento e 2,2 per cento. Il nostro Paese è l’unico tra gli Stati dell’Eurozona dove non è stato recuperato il livello salariale pre-crisi, datato 2007: allora la media annua era di 30,1mila euro

“Questo divario – si legge nella relazione – non si riduce neanche nelle retribuzioni nette relative ad alcune tipologie familiari considerate dall’Ocse. La pressione fiscale sui salari e il cuneo fiscale sul costo del lavoro non producono alcun riequilibrio per l’Italia. Questa diversità negativa per i salari dei lavoratori del nostro Paese non è attribuibile all’orario di lavoro che risulta fra i più alti di quelli presi in esame. È invece identificabile in altri fattori della ricerca”. Ovvero “nella composizione del nostro mercato del lavoro, con un addensamento dell’occupazione nelle qualifiche medio-basse più elevato rispetto alla media dell’eurozona, in progressivo peggioramento negli ultimi anni”; “nei casi di precarietà (il tempo determinato con discontinuità è molto aumentato) e in relazione all’utilizzo di un part time involontario che in Italia, a parità di lavoro prestato, risente di una penalizzazione salariale rispetto alla media dell’Eurozona (70,1 per cento Italia/83,6 per cento Eurozona) che spiega una parte importante dell’involontarietà”; “nel 2018, nel caso più svantaggiato (tempo determinato, part time con discontinuità) che riguarda circa 1 milione e 700mila lavoratori, il salario effettivo è più basso dei 6mila euro annui (5.641 euro). Complessivamente, oltre 5 milioni di lavoratori arrivano solo a 10mila euro annui”.

Aggiornato il 04 novembre 2020 alle ore 13:10