
La burocrazia rischia (ancora) di muoversi su una rotta autonoma rispetto alle esigenze del Paese? Seppure il senso dell’urgenza reclami interventi di forte impatto sull’economia, per superare lo shock pandemico, è ragionevole credere che ulteriori livelli di complicazione amministrativa possano accompagnare l’impennata della spesa pubblica.
Ragionando di quello che resta un tema eterno in Italia, è bene dunque tenere a mente che “I soldi non fanno la semplicità“, come ha ricordato il titolo dell’ultimo webinar dell’Istituto Bruno Leoni tenutosi ieri. A fare il punto su burocrazia e gestione della crisi sono intervenuti alla tavola rotonda virtuale Ida Nicotra, componente dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione e docente di Diritto pubblico all’Università di Catania, insieme a Giacinto Della Cananea e Francesco Giavazzi, professori rispettivamente di Diritto amministrativo ed Economia politica presso l’Università Bocconi.
Coordinati da Serena Sileoni, per i relatori è risultato centrale il tema del “che fare?”, rispetto alla tendenza alla complicazione tipica delle amministrazioni italiane.
I rischi economici della burocrazia si legano alle responsabilità politiche. L’efficienza della pubblica amministrazione pare indissolubile da un quadro di incentivi coerenti per chi la gestisce. Sono da soppesare pro e contro, sull’asse delle competenze condivise tra politica e funzionari: valutando ad esempio i vantaggi di uno Stato leggero, con poche leggi e porte girevoli tra settore privato e amministrazione pubblica.
È attuale il dibattito sul profilo dei vertici delle amministrazioni, quanto del funzionamento dello spoils system. Conta inoltre il comportamento del legislatore, che agisce sull’onda degli scandali e produce una legislazione bulimica. E soprattutto va ricordato che, anche in Italia, le semplificazioni si sono dimostrate possibili ed efficaci quando hanno privilegiato obiettivi condivisi tra gli attori economici e gli stessi burocrati.
Aggiornato il 23 giugno 2020 alle ore 18:26