Non solo il Covid-19, anche quella economica è già pandemia. Non si tratta solo della debolezza strutturale delle finanze pubbliche dei Paesi periferici dell’eurozona. Come il virus, la crisi non risparmierà nessuna economia. Nemmeno quella dalla quale il virus è originato. La Via della Seta è diventata la Via del Contagio. Doveva portare progresso e ricchezza, ha portato quello che si legge nei bollettini sanitari e nei grafici del disastro economico. Gli scambi internazionali sono e resteranno, a lungo, debolissimi finché non appariranno un vaccino o nuove cure. Le misure tampone adottate da gran parte degli Stati sono insufficienti a far ripartire le economie e il mercato del lavoro. Anche dopo la riemersione dal lockdown, interi settori continueranno desertificati: turismo, accoglienza e ristorazione, industria automobilistica, trasporto aereo, crocieristica, cinema e teatri, made in Italy. Consumatori che non consumano, perdurante il clima di paura, renderanno impervio il ritorno alla “normalità”.

I mercati saranno invasi da carta emessa da tutti, in ogni dove, più per tappare falle che per finanziare investimenti. Molti debiti corporate saranno destinati a fare default. In Usa, a differenza che da noi, tante imprese si salveranno grazie alle meno penalizzanti procedure concorsuali del Chapter 11. Molte altre, lì e altrove, falliranno, trascinando stakeholders e banche. I tassi di interesse lieviteranno per tutti gli emittenti, sovrani e corporate. Nessuno si azzarda a fare previsioni su miracolose riprese del mercato azionario. Il petrolio a prezzi da saldo, anzi regalato, per non chiudere i pozzi e risparmiare almeno il costo di stoccaggio, è il termometro della febbre. Mai come adesso un buyer’s market. Ma quali buyers? Chi avrà liquidità? Venerdì S&P ufficializzerà, probabilmente, il downgrade italiano (solo 1 scalino ancora sopra l’investment grade) aumentando la pressione sui tassi come anticipato, in parte, dal collocamento di ieri. Fondi dal Mes? Spiccioli rispetto alla domanda di liquidità che arriverà da ogni canto per tentare di ricostruire le economie nazionali in macerie. Ovunque. Il Mes servirà in primis ai salvataggi delle crisi bancarie sistemiche all’orizzonte. Non solo le fragili banche dei paesi periferici esposte verso mutuatari precarizzati dalla crisi, ma anche i grandi istituti nordeuropei, imbottiti di derivati, come Db e Commerzbank. La debolezza della costruzione della moneta unica farà diventare attuali gli scenari di ritorno alle valute nazionali. Il che aumenterà il rischio di ridenominazione del debito per paesi come l’Italia. Il tutto in prospettiva di importanti test politici ed elettorali in giro per il mondo.

L’unica strada alternativa alle misure palliative adottate in recenti, assai meno gravi, crisi di singole economie, sarebbe una moratoria universale su tutti gli interessi, attivi e passivi, pubblici e privati, con allungamento delle maturities per almeno un anno, concordata da tutto l’Imf. Significa meno oneri per imprese e cittadini ma anche svalutazione del debito in mano ai creditori. Temerario e spericolato? Sembra fantaeconomia? Ma tre mesi fa non avremmo giudicato fantascienza, la realtà che stiamo vivendo oggi? Forse era questo ciò a cui pensava Mario Draghi quando ha fatto quel non esplicito accenno al ripensamento del debito? Utopico? Anche gli accordi di Bretton Woods lo sarebbero sembrati, a qualsiasi osservatore, prima di quel fatale giorno di ottobre di tre lustri prima. Non è meglio uno shock forte e pesantissimo, oggi, di un orizzonte per le nostre società, costellato di morti e feriti, non solo simbolici, non solo per il virus?

Aggiornato il 23 aprile 2020 alle ore 11:07