Draghi: Qe e tassi giù

Il presidente della Banca centrale europea, a tre mesi dalla fine del mandato e a un giorno dal settimo anniversario dal suo “whatever it takes” del 26 luglio 2012, non si rassegna alla debolezza dell’inflazione, ai rischi globali e a un’industria europea - leggasi italiana e tedesca - che “va sempre peggio”.

E dunque, da settembre la Bce parte con un taglio dei tassi d’interesse e riapre il dossier del Quantitative easing. Con una mossa che di fatto segna la strada del suo successore alla guida della Bce da novembre in poi, l’ex capo del Fmi Christine Lagarde (sarà “eccezionale” alla Bce) Draghi ha superato le aspettative. Il consiglio della Bce, con una deliberazione non unanime ma con una generale convergenza dei governatori e qualche disaccordo sulle “sfumature”, ha praticamente delineato il pacchetto in arrivo alla prossima riunione del 12 settembre. I tassi d’interesse, ora a -0,4%, resteranno su questo minimo storico o potranno scendere “almeno fino alla prima metà del 2020 e comunque per tutto il periodo di tempo necessario”.

Non solo: Il consiglio direttivo ha dato mandato ai comitati dell’Eurosistema di mettere sul tavolo le opzioni per una ripresa del Qe, che secondo diversi economisti potrebbe ripartire con 15 miliardi di acquisti di titoli al mese: i tecnici sono ora al lavoro per esaminare le opzioni relative alle dimensioni e la composizione degli acquisti”.

E per mitigare l’impatto sugli utili bancari di un tasso sui depositi che ora gli investitori si aspettano scenda a -0,5% a settembre, si profila un ‘tiering’, vale a dire un’esenzione di una quota di questi depositi. Un nuovo stimolo monetario corposo, perché, Draghi sottolinea più volte nella conferenza stampa dopo la riunione nel grattacielo di Francoforte, “non accettiamo un tasso d’inflazione permanentemente così basso” (all’1,3% a giugno).

E perché fra minaccia dei dazi, rischi geopolitici, vulnerabilità dei Paesi emergenti (a partire dalla Cina) i rischi per la crescita sono “al ribasso”. E anche se i rischi di una recessione in Germania o nell’Eurozona “restano bassi”, c’è un vulnus che preoccupa particolarmente il presidente della Bce.

“Le prospettive stanno peggiorando sempre di più per il settore manifatturiero nei Paesi dove questo settore è importante”. Draghi si riferisce a Germania, in primis, dove c’è una recessione dell’industria cui fa da sponda il terziario. E all’Italia, che come la Germania soffre di uno “shock idiosincratico”.

A diffondere il rallentamento negli altri Paesi ci pensano le catene globali del valore. Il presidente della Bce apre, con parole insolitamente esplicite, a una “politica di bilancio” (in senso di stimolo espansivo) che vada in tandem con l’espansione monetaria: un richiamo importante alla Germania e alla sua austerità, ma che, probabilmente, guarda anche al tentativo di rilanciare gli investimenti pubblici in Italia, anche se va fatto “mantenendo la credibilità sui mercati” e “ogni Paese ha la sua agenda e sa come attivare la politica di bilancio in caso di shock idiosincratici”.

Per l’Italia, la probabile nuova ondata di acquisti del Qe, con la possibilità che vengano coinvolti i covered bond delle banche, dà una spinta iniziale alla Borsa (+1% circa) e fa scendere lo spread. Ma poi, con l’apertura di Wall Street, Piazza Affari (-0,8% alla chiusura) e le altre piazze europee cambiano segno sui timori per il pessimismo di Draghi sul manifatturiero. L’euro segna una discesa temporanea che potrebbe presagire a nuovi strali del presidente Usa Donald Trump proprio verso Draghi. Il quale, dopo i recenti attacchi, si è richiamato agli accordi presi nel G7 e G20 e al mandato, quello della stabilità dei prezzi, come faro dell’azione della Bce.

Aggiornato il 26 luglio 2019 alle ore 13:46