
“Colloqui molto produttivi in corso con la Cina! Occhio ad alcuni annunci importanti!”, aveva twittato Usa Donald Trump di buon mattino, mettendo di buon umore i mercati di tutto il mondo dopo il gelo tra Usa e Cina per l’arresto di “Lady Huawei”. Dopo le prime indiscrezioni che hanno fatto brindare le Borse (Milano +0,98%), il Wall Street Journal ha rivelato che Pechino ha accettato di ridurre dal 40 al 15 per cento le tasse sulle auto Usa.
È stato il vicepremier cinese Liu He a dare la notizia al segretario al Commercio Usa Steve Mnuchin e al rappresentante del commercio americano Robert Lighthizer, in una telefonata che segna la ripresa dei negoziati commerciali dopo la tregua sui dazi di 90 giorni siglata al G20 da Donald Trump e Xi Jinping. Le tariffe sulle auto americane erano state aumentate da Pechino lo scorso luglio come ritorsione ai dazi Usa. Non è chiaro, precisa il Wsj, quando dovrebbe entrare un vigore la riduzione, ma Washington sta facendo pressione perché Pechino faccia concessioni il più presto possibile.
I tre dirigenti hanno discusso al telefono anche dell’ acquisto cinese di prodotti agricoli Usa e di modifiche alle politiche economiche di Pechino, riferiscono altre fonti al giornale. Come parte della tregua, i dirigenti cinesi starebbero considerando anche di fare alcuni cambiamenti nel piano Made in China 2025, il progetto statale per aiutare le imprese cinesi a dominare in alcuni campi, come la robotica e l’intelligenza artificiale. La conversazione, ha sottolineato il ministero cinese per il Commercio estero, era finalizzata a definire “i prossimi passi in una cornice temporale e in una road map” per i negoziati.
Pechino quindi lancia segnali di apertura e collaborazione, nonostante i toni duri usati contro l’arresto in Canada di Meng Wanzhou, capo finanziario di Huawei e figlia del suo fondatore Ren Zhengfei, accusata dagli Usa di aver violato le sanzioni americane all’Iran. La potente manager si è detta pronta a sottomettersi ad una stretta libertà vigilata (con tanto di braccialetto elettronico) se la sua domanda di scarcerazione su cauzione sarà accolta dal tribunale di Vancouver. I giudici, che dovrebbero decidere oggi, sono sembrati scettici sulla possibilità di evitare il rischio di fuga.
Intanto a Pechino è stato arrestato Michael Kovrig, un ex diplomatico canadese che ha lavorato in Cina, a Hong Kong e all’Onu, e che ora lavora come esperto per l’Ong International Crisis Group. In passato aveva collaborato anche con il premier canadese Justin Trudeau. Non è chiaro se le due vicende sono collegate, dopo che Pechino aveva minacciato conseguenze per il Canada in seguito all’arresto di “Lady Huawei”. In ogni caso i rapporti tra Usa e Cina sono destinati a rimanere tesi, come suggerisce la prossima mossa di Trump anticipata dal Washington Post. La sua amministrazione si prepara ad una serie di azioni questa settimana per condannare i ripetuti hackeraggi e lo spionaggio economico da parte della Cina.
Il dipartimento di giustizia, in particolare, dovrebbe incriminare e sanzionare vari “pirati” della rete sospettati di aver lavorato per l’intelligence cinese sin dal 2014. Una mossa che servirà a mettere sotto pressione la Cina nei negoziati commerciali e che assesterà un colpo basso alla sua ambizione di togliere agli Usa il primato tecnologico nel mondo.
Aggiornato il 11 dicembre 2018 alle ore 21:32