Le (in)certezze della flat tax

Il professor Giuseppe Conte ha ragione: l’unica cosa che si può ragionevolmente affermare è quella scolpita nelle “tavole della legge”: l’obiettivo del Governo è e rimane quello dell’introduzione di un sistema fiscale con aliquote “fisse” ed evidentemente non “mobili” come nel vigente sistema. E non fate finta di non sapere cosa sono le aliquote “mobili”. Da cosa pensate che derivi la complicazione dell’attuale sistema fiscale se non dalla difficoltà di afferrare quelle benedettissime aliquote che non stanno mai ferme?

Scherzi a parte: il professor Conte ha ragione. L’unica cosa realmente nota della flat tax prossima ventura è che ci sarà. Non è moltissimo, ma è già qualcosa. E quindi potrebbe tranquillamente aver ragione il professor Alberto Bagnai quando assicura che l’accordo c’è già e prevede che la flat tax per le imprese parta subito e quella per le famiglie slitti al 2020. Così come potrebbe non avere torto il dottor Armando Siri quando sostiene che così non è - la flat tax partirà dal 2019 per tutti, famiglie e imprese - ma precisa che si comincerà con le famiglie numerose. E come non immaginare che sia in realtà il professor Claudio Borghi ad essere nel giusto quando riconosce che “la questione è complicata”, che si deve sperare che abbia ragione il dottor Siri ma che non si può escludere che a prevalere sia l’opinione del professor Bagnai? Non a caso, infatti, il professor Giovanni Tria - cui dovrebbe spettare l’istruttoria della materia - osserva un religioso silenzio: come esprimersi su un testo di cui è noto solo il titolo?

Perché questa è più o meno la sostanza. Della flat tax “gialloverde” conosciamo a dire tanto alcuni degli elementi essenziali tanto che dobbiamo ricorrere ai calcoli elementari di questo o quel quotidiano per scoprire chi potrebbe guadagnare o perdere con la riforma. E la riprova è la cosiddetta clausola di salvaguardia per cui, se si mette male, il contribuente può sempre chiedere che gli si applichi il regime pre-riforma il che equivale a dire che semplicemente non è chiaro quali siano gli effetti della riforma. Evidentemente la lezione degli esodati o quella delle restituzioni degli 80 euro non sono state sufficienti: bisogna che anche la riforma tributaria “epocale” sia fatta in fretta e furia, correndo il rischio che si trasformi in un clamoroso boomerang.

Professor Tria, ci ascolti (se non altro perché sul tema abbiamo maturato una qualche esperienza): di riforme tributarie se ne fa una ogni qualche decina d’anni. Quella che lei si propone di fare, la faccia bene, per favore. Nessuno pretende che, come accadde per la riforma tributaria del 1973, si lavori 10 anni per prepararla. Ma è troppo chiedere che il suo ministero utilizzi almeno i prossimi tre mesi per definirne i dettagli? E che nel frattempo chi può eviti di parlarne? Grazie di cuore.

(*) Editoriale a cura dell’Istituto Bruno Leoni

Aggiornato il 07 giugno 2018 alle ore 12:43