Mentre il teatrino della politica italiota cerca di trastullare gli elettori in cerca di autore con le più stupefacenti promesse, come quella espressa martedì scorso da Luigi Di Maio su La7 in merito alla volontà di ridurre in 10 anni di 40 punti il debito pubblico, lo stesso debito pubblico sembra altresì interessato da un’inquietante dinamica al rialzo. Ce lo segnala il sempre ottimo Mario Seminerio sul suo blog, citando un interessante studio dell’Osservatorio sui conti pubblici diretto da Carlo Cottarelli.
Da quanto risulta da un approfondito studio dell’Osservatorio, che ha analizzato i dati presentati nella Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza 2017 del settembre scorso, “nei prossimi tre anni il debito pubblico dovrebbe crescere di ben 55 miliardi in più di quanto sarebbe spiegato dall’andamento del deficit”.
In breve, secondo la stessa Nota del Governo, il disavanzo cumulato per il periodo 2018/2020 ammonterebbe a 49 miliardi di euro, mentre lo stock di debito è previsto lievitare di ben 87 miliardi a cui, segnala ancora Seminerio, occorrerebbe sommare i 17 miliardi di introiti previsti per alcune privatizzazioni. Morale della favola, si arriva alla somma calcolata da Cottarelli il quale rileva, in particolare, una discrepanza annuale dell’uno per cento, rispetto a una media ventennale dello 0,75 per cento.
In grandi linee questa storica differenza a veder crescere il debito pubblico sempre oltre il deficit ufficiale, che sotto la guida finanziaria del “virtuoso” Pier Carlo Padoan sembra sensibilmente peggiorata, si può spiegare almeno in parte con i classici giochetti adottati da tutti Governi nello spostare in avanti nel tempo, soprattutto sotto elezioni, alcune poste in uscita, caricandole sugli anni a venire. Ciò, per capirci, è estremamente facilitato dal fatto che mentre il bilancio pubblico annuale è calcolato per competenza, il debito sovrano viene invece considerato per cassa. Da questo semplice ma nello stesso tempo micidiale tecnicismo ben si comprende come l’Italia, malgrado gli altisonanti proclami di chi annuncia improbabili età dell’oro, continui pericolosamente a viaggiare sull’orlo del baratro, sotto la perenne minaccia di restare travolti da una repentina esplosione dei tassi d’interesse sui nostri titoli, qualora i mercati dovessero realizzare che chi amministra il Paese è incapace di rendere sostenibile nel tempo un indebitamento in crescita incontrollata.
Aggiornato il 01 febbraio 2018 alle ore 08:59