Una crescita che non brilla di luce propria

Ha ragione Lucrezia Reichlin che dal Corriere della Sera ammonisce sulla fragilità della ripresa e sulla sua scarsa componente strutturale. Ecco perché Pier Carlo Padoan può insistere quanto vuole nel tentativo di farci credere e passare “lucciole per lanterne”, la ripresa è in larga parte congiunturale.

Insomma, l’Italia, che è come se fosse una vettura zavorrata e scassata, ha preso un po’ di velocità solo perché è incappata in un declivio piuttosto lungo che l’ha sospinta. Quando finirà la discesa (tassi zero, Quantitative easing massiccio, petrolio basso ecc. ecc.) tornerà a essere lo scassone di sempre e ce ne accorgeremo, purtroppo. Del resto senza scomodare le analisi economiche, i numeri e gli esercizi di calcolo econometrico, basterebbe guardare la realtà e lo stato dell’arte. Restano intatti tutti, ma proprio tutti i motivi che in questi dieci anni, dalla crisi dei subprime in poi, ci hanno fatto sprofondare in ogni classifica possibile.

Il debito continua a salire, le tasse continuano a tormentare e dissanguare, l’apparato pubblico continua a essere un mastodonte inutile, costosissimo e in parte nullafacente. La burocrazia non è cambiata di una virgola e insiste a ossessionare e rallentare ogni attività e intrapresa, i servizi collettivi pesano sui conti uno sproposito e offrono poco e male. Come se non bastasse, sull’occupazione i trionfi fasulli del Jobs Act sono costantemente smentiti dalla realtà, che in questi anni ha visto e vede i movimenti degli indici occupazionali più laterali che altro.

Insomma, poco più o poco meno la disoccupazione resta altissima nonostante l’impiego enorme di risorse per il Jobs Act. I consumi, infine, al di là di qualche effetto stagionale non sono ripartiti per niente, tanto è vero che i risparmi aumentano. Per farla breve la nostra velocità è aumentata solamente perché dietro strada abbiamo trovato una provvidenziale discesa che per forza di gravità ci ha fatto accelerare, questa è la verità, altro che crescita strutturale. Le crescite strutturali, la definizione stessa lo dice, si conseguono se si interviene in modo definitivo sulle cause che generano deficit, squilibrio dei conti, disoccupazione e scarsa propensione ai consumi e agli investimenti.

L’Italia del 2017 vede queste cause e queste ragioni sostanzialmente identiche a quelle di dieci anni fa, ecco perché la ripresa non brilla di luce propria. Anzi, per dirla tutta in questi dieci anni a parte la Legge Fornero che comunque per fare cassa ha stracciato diritti ed equità sociale, la situazione è peggiorata. Il debito è salito arrivando a numeri astronomici, il welfare nel complesso è in affanno pericoloso, l’immigrazione incontrollata è una bomba sociale, il fisco tutto è diventato fuorché amico. In definitiva, non solo non c’è crescita strutturale, ma abbiamo sperperato risorse in una fase (strada in discesa) che al contrario doveva spingerci a eliminare zavorra, squilibri, disservizi e ingiustizie sociali. Al contrario le ingiustizie le abbiamo amplificate, non solo con la Legge Fornero, ma con gli scandali bancari, con l’aumento delle tasse e dell’avidità riscossiva, con l’immigrazione incontrollata che ha generato lavoro nero e sfruttamento. Per non parlare della giustizia, sulla quale non si è fatto nemmeno finta di provvedere e per questo resta ingiusta, lenta, incapace di offrire fiducia e ristoro alla brava gente.

Ecco perché ha ragione la Reichlin e torto il ministro Padoan; ecco perché eravamo e restiamo nei guai, ecco perché quando finirà la discesa saranno dolori. Ma questa è un’altra storia, che toccherà al prossimo governo, sperando che, diversamente da quelli passati, sia all’altezza della situazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

Aggiornato il 05 settembre 2017 alle ore 10:05