Roma e l’Italia: analogia di un decadimento

È impressionante come le problematiche e le probabili soluzioni dell’Italia coincidono con quelle della Capitale.

Roma è affetta da un debito enorme: gli ultimi dati parlano di circa 9,5 miliardi di euro di saldo passivo: la gestione commissariale iniziata nel 2008 costa al Comune di Roma, e dunque ai cittadini, l'addizionale Irpef più alta d'Italia pari allo 0,9 per cento: infatti in accordo con il Mef  (Ministero dell’Economia e Finanza) il Comune compartecipa ai 500 milioni di oneri annui di debito, intervenendo per circa 200 milioni l’anno con un addizionale Irpef aumentata dello 0,4 per cento.

Le proprie partecipate in particolare Atac e Ama in primis sono l’emblema dell’inefficienza e dell’inefficacia di una gestione senza alcuna strategia di medio lungo periodo, dove massimizzare il rapporto qualità servizio/adeguato costo a carico dell’utenza dovrebbe essere l’unico faro del management. Inoltre siamo in presenza di una gestione clientelare con il solito apporto dei sindacati a tutela esclusivamente dei diritti già acquisiti e senza alcuna visione del “vero bene pubblico” ed incapacità di adattarsi al cambiamento.

La galassia delle municipalizzate create dal Comune di Roma sono un universo indefinito per la quale definirne il perimetro, e dunque la conoscenza delle stesse, diviene una matassa inestricabile.

Soltanto nel 2015 il Comune di Roma ha dovuto ripianare circa 150 milioni di euro di perdite della sola Atac, mentre la situazione dell’Ama (rifiuti) nella Capitale è sotto gli occhi di tutti.

Soltanto la normativa nella definizione e nella modalità di calcolo della Tari permette all’Ama una sopravvivenza a carico dei contribuenti, ma il trattamento e la gestione dei rifiuti sono indietro di 20 anni rispetto alle principali capitali europee. La stessa mancanza della chiusura del ciclo industriale del trattamento dei rifiuti è un costo mentre nelle altre città è un ricavo e fonte di benessere per i cittadini. Qui ovviamente le responsabilità non sono solo del Comune di Roma, ma della lotta intestina tra l’istituzione regionale e quella comunale condivisa da movimenti “pseudo-ambientalisti!”.

Inoltre riclassificando il bilancio del comune in “Funzioni”(al netto dei residui attivi e passivi e delle partite di giro) vediamo come sul totale di circa 4,5 miliardi di entrate, le spese correnti in “Viabilità e Trasporti” e “Territorio ed Ambiente” rappresentino circa il 48 per cento del totale. Infine, se ad essi aggiungessimo il costo della funzione amministrativa raggiungeremmo circa il 60 per cento sul totale.

Abbiamo quindi nella Capitale:

  • Una gestione diretta delle partecipate praticamente fallimentare. Vedi Alitalia
  • Una rigidità di bilancio che non permette investimenti a causa del debito e delle spese correnti. Vedi debito pubblico e l’enormità di spese correnti del bilancio Statale
  • Una gestione degli oneri finanziari in cui i bassi tassi riducono al minimo il costo finanziario anche grazie all’utilizzo di derivati. Con una futura curva dei tassi al rialzo l’impatto potrebbe avere un effetto esplosivo. Vedi effetto dello spread e del rialzo dei tassi sul costo del debito pubblico.
  • Investimenti azzerati a causa del debito e della spesa corrente: oggi non vi sono grandi spazi di manovra fiscale (naturalmente piacerebbe a tutti parlare di riduzione addizionale Irpef e/o Tari o altre imposte) ma senza un effettivo intervento incisivo e straordinario nella gestione della cosa pubblica non si riusciranno ad avere le risorse necessarie per investire nei settori che sono visibilmente strategici: per una città come Roma e un Paese come la nostra Italia: Turismo e Sviluppo Economico con una concomitanza di assenza quasi totale di investimenti. Vedi spese in Turismo e Sviluppo economico nel Paese Italia di valore non significativo, praticamente assenti a causa della spesa corrente e dello debito con un quasi azzeramento della spesa per investimenti.

Infatti come da dati consuntivi disponibili il Comune di Roma in percentuale alle entrate correnti di competenza (circa 4,5 miliardi di euro al netto di “partite di giro” e “residui”) spende le proprie risorse in tal modo:

(*) Il costo relativo alla polizia locale in buona parte è costituito dal personale dipendente

  • Una governance nella struttura del Comune dove gli uffici non dialogano, e l’assenza di un effettivo controllo di gestione ove soltanto una digitalizzazione adeguata potrebbe rappresentare l’unico rimedio. C’è la necessità di una sburocratizzazione del Paese con una vera e propria agenda digitale
  • Un numero di dipendenti enorme con un sindacato utili a difendere esclusivamente i diritti ma non anche la produttività: nella Capitale comprensivo delle municipalizzate parliamo di circa 54mila dipendenti. Vedi 3,5 milioni di dipendenti pubblici e il ruolo dei sindacati nello sviluppo economico del Paese dopo gli anni Settanta.
  • Imu, Tari e addizionale Irpef ai massimi livelli con una impressionante evasione nel settore trasporti e multe. Il combinato disposto con una corruzione passata ormai alle cronache. 

A Roma e al Paese non servono le “Raggi” ma persone di qualità con un programma di medio periodo, che dicono la verità e abbiano a cuore la città e il Paese. Se ci siete, battete un colpo.

 

(*) Circolo Energie per l’Italia Roma

Aggiornato il 21 giugno 2017 alle ore 18:39