Alitalia, l’altra faccia del populismo

In merito alla surreale vicenda Alitalia, commentando l’insensata scelta dei lavoratori della compagnia aerea di bandiera di bocciare l’unica operazione di salvataggio possibile, Alberto Orioli scrive parole di fuoco sulle pagine de “Il Sole 24 Ore”.

“Ha prevalso la propaganda del sindacato di corporazione o di base e l’idea che esista il Piano B della nazionalizzazione. Se l’intesa confederale, con la giusta dose di impegni presi ‘con senso di responsabilità’ in nome dell’interesse superiore della compagnia e forse del Paese, viene considerata un ferrovecchio, un modo ‘vetero’ di fare sindacalismo, lo è tanto più proprio l’idea del Piano B, del rifugio sotto le comode ali garantite dai contribuenti”.

Va giù duro il vicedirettore del nostro più diffuso giornale economico quando ricorda che “Pantalone ha già pagato e molto nel carnevale aereo dell’ultimo decennio”.

Malgrado ciò, l’idea irrealizzabile della nazionalizzazione di Alitalia, trasformandola in un baraccone pubblico interamente finanziato dallo stesso Pantalone, ha fatto perdere del tutto il lume della ragione a quasi il 70 per cento dei suoi lavoratori. Ed è su questo punto che Orioli esprime a mio avviso un’analisi molto lucida, mettendo in relazione la drammatica vicenda della compagnia aerea con il dilagante populismo italiota.

“Rimane l’amarezza nel constatare che quando la ragionevolezza tenta di farsi strada in questi tempi populisti, giacobini e semplificatori viene sempre respinta dal messaggio confezionato per la pancia e non per il cervello. La vertenza Alitalia sarà davvero uno spartiacque. Diventerà il simbolo della vera malattia del nostro tempo, del vero spread che inquina la discussione pubblica: la differenza tra la crescente complessità dei temi (sia micro che macro, siano essi oggetto di discussione sindacale o di confronto politico più generale) e la proposta di soluzioni ipersemplificate a uso della battuta a effetto o dello slogan, possibilmente traducibile in hashtag”.

Uno spartiacque, mi permetto di aggiungere, che rappresenta per il Paese nel suo complesso il confine tra una salvezza fatta di inevitabili sacrifici e un altrettanto inevitabile collasso sistemico se tali sacrifici non si realizzeranno, continuando ad inseguire il paradigma di un sistema malato che tende a scaricare i propri evidenti sperperi e le proprie diseconomie sulle spalle di qualcun altro.

Nel caso specifico di Alitalia, c’è ancora qualcuno che considera, soprattutto per un Paese a forte vocazione turistica come il nostro, strategica la presenza di una compagnia di bandiera. Tutto questo senza considerare, come ricorda Orioli, che “l’avvento delle compagnie low-cost ha fatto impallidire il mito della compagnia di bandiera come baluardo dell’identità nazionale”.

Da questo punto di vista, se quel che conta è avere molti visitatori a prescindere da chi li trasporta in Italia, è ancora molto attuale un antico pensiero di Confucio, ripreso successivamente da Mao Tse-tung: “Non importa di che colore sia il gatto, l’importante è che prenda i topi”.

Aggiornato il 23 giugno 2017 alle ore 13:36