Un sigaro contro la Finanziaria

Il mitico 1848, l’anno delle grandi rivoluzioni in Europa, fu segnato dalle “Cinque giornate di Milano”. Di quella lontana epopea risorgimentale si è persa traccia. Non se ne ricorderà più nessuno fuori dell’hortus conclusus dei cultori di Storia. La gente comune ignora le cause che diedero fondamento all’insurrezione e ignora la circostanza che innescò la rivolta. Ad appiccare il fuoco, il 1 gennaio del 1848, fu letteralmente un sigaro. I milanesi, oppressi da un’insostenibile pressione fiscale, decisero di ribellarsi all’ennesima iniquità: l’aumento della tassa sul tabacco. Fu così che i patrioti ambrosiani riuscirono a convincere la popolazione a impegnarsi in un singolare sciopero del fumo. Si decise di sabotare l’Erario imperiale non acquistando più sigari. I soldati della guarnigione comandata dal generale Radetzky, governatore militare di Milano, non la presero bene e dopo alcune schermaglie con gli scioperanti passarono alle maniere forti. Ci furono vecchi e bambini passati a fil di spada. Nonostante la reazione violenta delle autorità, i milanesi presero ugualmente coscienza del loro destino di libertà e d’indipendenza e si preparano a cacciare definitivamente l’oppressore.

Perché evocare oggi una vicenda sepolta dalla polvere del tempo? Passano i secoli, cambiano le nazioni e i governi ma il modo per salassare il popolo resta uguale: aumentare le tasse. Il duo rassicurante Gentiloni-Padoan si è presentato ieri l’altro agli italiani per dire che con l’Europa è tutto a posto: la manovra finanziaria di primavera, che ha chiesto Bruxelles, ci sarà. E ci sono (forse) anche i 3,4 miliardi di euro che i guardiani dei conti della Ue hanno chiesto all’Italia di rimettere a posto dopo la stagione dell’allegra finanza renziana. Dove li prenderanno Gentiloni e Padoan? Dalle tasche degli italiani, ovvio. Con il collaudato sistema dell’aumento delle accise su alcuni beni. Ma qui arriva la genialata. Non potendo rischiare, per ragioni di pudore, di penalizzare la già stentata ripresa dei consumi, il Governo la risolve buttandola in morale. Le tasse sui vizi fanno meno male, a sentir loro, perché sono una sanzione etica che grava esclusivamente su coloro che disattendono i dettami di una vita standardizzata. Quindi chi più dei fumatori e dei giocatori merita di essere punito? Costoro vogliono vivere nel peccato? Allora che paghino. Non nel senso di finire all’inferno, più prosaicamente: che versino maggiori accise allo Stato per continuare a coltivare le loro insane passioni. Se questa è la logica perché non sanzionare fiscalmente anche chi consuma alcolici o va a prostitute? Visto che c’erano potevano fare bingo a Via XX Settembre.

Probabilmente, nel caso delle bevande ha avuto la meglio la lobby dei produttori di alcolici e di sostanze gassate nello scatenare un putiferio pur di non vedere lievitare sugli scaffali dei supermercati e delle enoteche i prezzi dei propri prodotti. Per quanto riguarda l’amore a pagamento, un certo bigottismo imperante non consente ancora l’iscrizione dell’antica arte del meretricio nel repertorio delle professioni censite dall’Isfol. Di Bacco, Tabacco e Venere, dunque, resta nelle maglie del Grande Fratello fiscale il tabacco. Per il momento. Sembrerebbe un’inezia, ma non lo è. Guai a prendere sotto gamba la filosofia che sottende alla scelta compiuta da questo Governo. Se in futuro si dovesse procedere seguendo il medesimo schema di connessione tra sanzione economica e giudizio morale finiremmo per imboccare un pericoloso crinale. D’accordo, la ludopatia è una malattia e rovinarsi al gioco è da pazzi. Tuttavia, non è aumentando il prelievo fiscale sulle vincite che si cura il male, se c’è. Non è tassando la speranza della povera gente che tenta la sorte con il “Gratta e Vinci” che si edifica un’umanità migliore.

Occorre altro per far avanzare una società. Ciò che non occorre è mascherare di morale una volontà impositiva che è nel Dna di questo Governo come in quello di tutti gli altri a guida centrosinistra. La libertà individuale non può essere conculcata mediante la pressa fiscale. Si lasci ai fumatori il diritto di pensare che, in fondo, morire da sani e in buona salute sia una gran fregatura, senza per questo finirli a colpi di accise. Un sigaro liberò Milano dagli invasori. Speriamo che un altro sigaro ci liberi da questa sinistra.

Aggiornato il 26 giugno 2017 alle ore 12:51