Ora volano gli asini e i tesoretti renziani

In tema di balle spaziali, a beneficio di chi non avesse seguito la recente puntata di “Porta a Porta” con ospite Matteo Renzi, spunta dal nulla un tesoretto di ben 47 miliardi di euro. Tesoretto, bontà sua, che sarebbe stato lasciato in eredità al Governo Gentiloni dall’ex Presidente del Consiglio dei ministri, il quale si riconferma grande specialista di asini che volano e di treni mossi con il formidabile propellente delle bubbole.

E dire che nel corso dello stesso popolare talk-show della Rai condotto da Bruno Vespa, il giovane politico di Rignano sull’Arno aveva svolto fino a un certo punto con grande efficacia il suo ruolo di anti-Grillo, mettendo alla berlina con argomenti ragionevoli l’utopistico reddito di cittadinanza, vera e propria sciagura finanziaria e sociale all’interno di una collettività fin troppo paralizzata da un eccesso di redistribuzione e di indebitamento.

Tuttavia, il richiamo della foresta delle panzane suscita in Renzi un’evidente quanto irresistibile attrazione, tanto da portarlo - per ovvi motivi di consenso elettorale all’ingrosso - sulla stessa sponda dei cantastorie a Cinque Stelle. Questi ultimi affetti da quel caratteristico atteggiamento da bar dello sport con cui si pensa di affrontare complesse questioni sistemiche sulla base di ricette a dir poco semplicistiche. Ed è pertanto profondamente errato rincorrerli su questo medesimo terreno, così come ha fatto Renzi sbandierando il suo inesistente tesoretto. Un tesoretto che, per la cronaca, egli avrebbe rubricato a nuove spese per investimenti pubblici. Già, una bella intenzione di cui, però, il suo precedente Esecutivo non sembra aver tenuto conto in alcun modo, visto che gli investimenti fissi lordi della Pubblica amministrazione sono passati dai 36,686 miliardi del 2015 ai 34,714 miliardi del 2016, come ci ricorda il sempre molto informato economista Mario Seminerio, con un calo del 5,4 per cento. Altro che storie, dunque!

Come al solito i numeri hanno la testa dura, caro Renzi, e insieme ai fatti rappresentano a mio avviso l’unico antidoto contro il dilagante populismo italico che rischia di mandare definitivamente in bancarotta il Paese di Pulcinella. Il resto sono solo chiacchiere.

Aggiornato il 26 giugno 2017 alle ore 12:50