Il velo dell’ipocrisia non muore mai

Che strano Paese che siamo, da anni tutti a dire ed a scrivere dei soprusi del fisco, dell’avidità persecutoria delle regole riscossive, della disparità di diritti fra accusa e difesa fiscale, dell’impostazione vessatoria di Equitalia, e oggi che s’interviene, tutti a fare i moralisti. Da anni in tivù, alla radio e sui giornali a rappresentare episodi di vero abuso verso i cittadini da parte del fisco, compresa la follia di potere pretendere per legge il doppio o il triplo dell’omesso e oggi che s’interviene, tutti a parlare di regalo agli evasori. Per anni le più note trasmissioni hanno rappresentato non solo le tragedie popolari più tristi legate al fisco, ma fatti di evidente negazione dei diritti, senza che nessuno intervenisse a porvi rimedio, e oggi che si interviene, tutti a fare i bacchettoni.

Insomma, delle due l’una, o si ritiene giusto che il fisco possa mandare cartelle pazze o sbagliate senza rischiare mai nulla, che il fisco possa solo riscuotere e mai pagare quando è lui a commettere errori, che per una omissione di cento possa richiedere persecutoriamente duecento, oppure è giusta e doverosa un’operazione pacificatrice. Oltretutto, a conferma della stranezza di questo Paese, non si contano gli ipocriti moralisti del fisco Torquemada, che poi all’apparire di un qualsiasi condono ne approfittano a mani basse. Basterebbe spulciare negli archivi dei condoni edilizi per trovare quante verande sul mare, balconi degli chalet, oppure vetrate dei comodi attici di città sono state sanate dai sostenitori del burqa fiscale. Così come non si capisce perché il moralismo d’accatto di tanti intellettuali abbia nel tempo sempre appoggiato le amnistie penali, ritenendole atti di civiltà giudiziaria. È difficile, infatti, capire il perché sia giusto di rimettere in circolazione microcriminali incalliti e invece non consentire una sanatoria fiscale. Siamo insomma di fronte a personaggi che ritengono sia un favore agli evasori ogni sorta di condono e non ritengono, invece, un favore ai delinquenti ogni forma di amnistia o indulto penale. Noi, al contrario, siamo tra quelli che ritengono talvolta giusti e indispensabili, sempreché fatti con il sale in zucca e con i dovuti distinguo, entrambi gli atti di pacificazione.

Insomma, siamo il Paese dove si passa dal giustizialismo al garantismo, dal buonismo al forcaiolismo, più facilmente che bere un bicchiere d’acqua. Ecco perché da noi succede tutto il contrario di quel che sarebbe giusto, tanto è vero che si può stare in carcere quando si è presunti innocenti e fuori quando si è condannati. In Italia si può essere arrestati per il reato più odioso (furti, scippi, razzie d’appartamento) e trovare un giudice che ti mette subito a spasso, mentre si può restare in galera perché si è rubata per fame una mela. Bene, anzi male, col fisco è la stessa cosa. Infatti, con i grandi nomi del bel mondo o dell’impresa, per cifre enormi si tratta, si fanno sconti, si patteggia e si risolve in bonis, con i poveri cristi per cifre ben diverse si usa la mannaia e basta. Siamo in buona sostanza il Paese del controsenso, ecco perché quando per realismo arriva un po’ di buon senso, lo si attacca a prescindere. La rottamazione, la mediazione o sanatoria che dir si voglia delle cartelle, pendenze, sospesi e quant’altro di fiscale ci sia, è un atto di ragionevolezza economica, riscossiva e, per come siamo messi, sociale. È un modo insomma per risolvere i problemi di quei cittadini che evasori non sono e che altrimenti sarebbero difficilmente risolvibili. È un modo per ripartire sul pulito e per abbassare la temperatura fra fisco e contribuenti, eliminando, un volta per tutte, gli insopportabili, eccessivi e assurdi metodi di riscossione.

L’unico vero e grande limite di questo provvedimento è che non basta da solo a rendere “normale” il sistema d’imposizione italiano; un sistema che andrebbe riformato tutto per quantità e qualità, diritti e doveri, accusa e difesa. Ma questa è un’altra storia e purtroppo sul tema (a proposito di riforme) il Governo Renzi è clamorosamente e colpevolmente assente.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:17