La spending review di Paperopoli

“La situazione politica in Italia è grave ma non è seria”, scrisse una sessantina di anni orsono quel grande abruzzese che fu Ennio Flaiano. E malgrado la tanta acqua passata sotto i ponti dell’Arno, mi sembra di poter dire che la condizione generale del Paese sia grosso modo la stessa, con un uomo solo al comando sostenuto nella sua fuga da una squadra di gregari che ogni giorno, a turno, ci propinano un’abbondante dose di balle spaziali. Tra questi riterrei doveroso segnalare il nuovo responsabile della sempre più misteriosa spending review, il consigliere economico di Palazzo Chigi Yoram Gutgeld. Quest’ultimo, intervenendo alla riunione romana della Trilateral Commission - think tank fondato nel 1973 da David Rockefeller e Henry Kissinger - ha annunciato l’ennesimo taglio di 25 miliardi di euro nella spesa pubblica, da realizzarsi entro l’anno in corso. Ciò ovviamente ha scatenato una certa ilarità nella ridotta ma agguerrita minoranza liberal/liberista di questo disgraziato Paese.

A tal proposito, mi è parsa particolarmente felice la battuta al vetriolo dell’economista Mario Seminerio, ospite fisso dell’interessante programma radiofonico I conti della belva condotto dall’ottimo Oscar Giannino, il quale ha sottolineato che oramai “ogni settimana ci sono nuovi 25 miliardi” di riduzione della spesa. Tant’è, mi permetto di aggiungere, che di questo passo in quattro mesi il Governo Renzi riuscirà a dimezzare letteralmente il colossale bilancio pubblico dal lato delle uscite. Ma a mio avviso è il modo con il quale il buon Gutgeld intende centrare l’ambizioso obiettivo che raggiunge l’apoteosi di una comicità surreale.

Come riporta il Corriere della Sera, il consigliere di Renzi ha tenuto a sottolineare che nessuna area sensibile verrà toccata. “Niente licenziamenti dall’amministrazione pubblica, nessun taglio alle pensioni e niente tagli lineari. I risparmi - ha detto Gutgeld - sono tutti conseguibili per canali diversi: il passaggio da 50mila a 35 centrali d’acquisto, l’applicazione degli standard di efficienza clinica e operativa negli ospedali, il coordinamento fra le tre forze dell’ordine, l’applicazione di un sistema di costi standard nei comuni e il taglio già deciso di 30mila auto blu (meno 50 per cento sulla flotta di auto pubbliche)”.

In sostanza trattasi della riproposizione di un classico fritto misto di buone intenzioni con il quale lastricare la via dell’inferno verso cui stanno sempre più sprofondando i nostri disastrati conti pubblici. Sono oramai oltre due anni che Matteo Renzi e soci ci bombardano a tappeto raccontando queste favole sulle centrali d’acquisto, sui costi standard e sulle auto blu da eliminare. Ciononostante i numeri di partenza delle loro stime sembrano addirittura crescere nel tempo. In pratica aumentano i tagli annunciati, ma pure i dati relativi ai settori su cui dovrà essere impiegato lo “spietato” bisturi dei rottamatori al potere. Ergo, forse ci prendono per i fondelli? Forse sì o forse ni.

Sta di fatto che, sempre in tema di scomodi numeri, la Banca d’Italia informa che nel solo mese di febbraio il debito pubblico è lievitato di “appena” 21,5 miliardi, mentre nel primo bimestre del 2016 le entrate tributarie sono cresciute di ben il 6,6 per cento. Evidentemente le impressionanti riforme epocali introdotte dal premier Renzi non hanno ancora dispiegato i loro effetti benefici sul Paese dei gufi. O magari, come accade a gran parte dell’Europa, sono gli stessi numeri cinici e bari che proprio non ci capiscono e si ostinano a gufare il grande condottiero fiorentino.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:24