Europa, capitalismo   democratico

Anche solo parlare di Brexit ha fatto crollare la sterlina. Fino al 23 giugno, il giorno del referendum con cui gli inglesi sceglieranno se uscire dall’Unione europea - che già li vede a statuto speciale a cominciare dalla sterlina che non è l’Euro - la Gran Bretagna sperimenterà il moto altalenante delle Borse quale effetto degli svantaggi economici che derivano dall’allontanamento dall’Unione, e le sue conseguenze gravi sulla valutazione del credito bancario.

Nell’Europa tedesca, il movimento sofferto dagli inglesi non potrà che essere benefico, ad esempio per l’Italia che non ha che da inserirsi nella ricontrattazione schierandosi manifestamente a favore dell’opzione inglese, mitigandone le pretese a proprio svantaggio come sul welfare, e proponendo la necessaria rimodulazione dell’Europa, a cominciare dal suo riequilibrio economico, in netto contrasto con la prepotente prevalenza tedesca. È necessario quindi ricontrattare l’Europa, annullare la nefasta deviazione che le è stata data negli ultimi quindici anni con l’applicazione di regolamenti quali il Fiscal compact al posto e in luogo dei Trattati, i soli a valenza generale, e contrattare e favorire interventi per il rilancio della crescita collettiva europea. Nonostante il gioco a frega compagni della Germania europea, l’Europa tedesca non cresce e, secondo l’Ocse, la bassa crescita europea frena anche quella globale, impedendo la ripresa mondiale.

La Commissione europea sostiene che oggi la ripresa europea è messa a rischio da quella (mancata) globale e, viceversa, l’Ocse sostiene il contrario. L’Eurozona cresce meno del 2 per cento, mentre l’Italia ha una previsione inferiore a quella prevista per l’Unione economica monetaria dell’1,4 per cento, e della Germania dell’1,3 per cento, o della Francia all’1,2 per cento. È un dato di fatto che sia la politica monetaria espansiva della Bce nell’Eurozona, con i tassi di interesse fino a negativi, sia il crollo del prezzo del petrolio, sia anche il cambio favorevole dell’Euro non hanno dato alcuna crescita degli investimenti e dell’occupazione. La rigida austerità ed il mancato indirizzo della spesa pubblica su investimenti comunitari hanno prodotto la crisi sistemica, l’insostenibilità fiscale e la disoccupazione. Sarebbero serviti investimenti infrastrutturali europei in grado di spingere sull’efficienza e sull’attività d’impresa. Il Piano Juncker si è rivelato ridicolo se non addirittura inesistente. La Banca europea per gli investimenti non ha finanziato alcunché di utile. Non è stata aumentata nessuna produttività né competitività in Europa, si è avuto e si ha tuttora solo stagnazione per carenza di domanda e non è stato posto in essere nessun investimento atto a disincagliare la stagnazione stessa. Ci vogliono investimenti sistemici e riforme strutturali per crescere. Ma chi li fa? Gli incapaci dell’Europa tedesca? In Italia i governi non eletti spolpano il Paese e Mattarella impedisce di tornare nella democrazia. Si sarebbero dovute mettere in atto realizzazioni concrete in grado di creare ricchezza, in Europa come in Italia. Si è avuta, al contrario, la Germania uber alles con l’aiuto ed il tradimento di Napolitano in Italia, contro ed in violazione di qualsivoglia regola democratica.

La Gran Bretagna oggi tutto questo lo ha chiarissimo e intende mantenere i piedi per terra e salvare se stessa, economicamente innanzitutto. Non uscirà certo dall’Unione europea, ma punterà a lucrare il lucrabile per sé. L’Unione potrà esistere solo con il benessere dei suoi cittadini, vale a dire che essi decidono per sé nel rispetto dei Trattati, vecchi e futuri comuni. Ed ecco, ancora una volta in una storia che maleficamente si ripete, le parole stolte ed aride della Germania: “Prendetevi i migranti espulsi o chiudiamo le ambasciate”. Ben diciassette Stati non europei rifiutano di riprendersi i clandestini disperati ed espulsi dal governo tedesco di Angela Merkel e quest’ultima li minaccia di interrompere le relazioni pretendendo così di risolvere l’immane crisi migratoria. Gli Stati che dovrebbero riprendersi i disperati fuggiti e poi espulsi dalla Germania, i Paesi che non vogliono riprenderseli sono cioè quelli asiatici e africani quali Egitto, Algeria, Marocco, Etiopia, Benin, Burkina Faso, Ghana, Guinea, Guinea Bissau, Mali, Niger, Nigeria, Tunisia, Bangladesh, India, Libano e Pakistan.

C’è bisogno di ricontrattare l’Europa, agire secondo democrazia, assecondare il movimento di ricerca di benessere e ricchezza dei cittadini europei attuando e realizzando corposi investimenti produttivi in Europa, facendo asse con la Gran Bretagna.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:20