Industria e Qe:  dubbi e prospettive

Mentre Mister BCE apre sul Quantitative Easing (QE) confermando la possibilità di una sua proroga oltre il 16 settembre 2016 qualora la politica economica dell’eurozona dovesse richiederlo, nella comunità produttiva nazionale e locale iniziano a serpeggiare, con le sembianze sempre più nitide della preoccupazione, alcuni interrogativi. Il problema è presto detto: la grande quantità di denaro messo in circolo dalla BCE a tassi di interesse prossimi allo zero (con una previsione annunciata dallo stesso Draghi di un possibile ulteriore taglio del costo del denaro a dicembre) ha creato le condizioni per ingenti, generalizzati e diffusi investimenti in nuovi strumenti di produzione (macchinari) a fronte -e siamo al nodo- di una domanda pressoché invariata.

In queste condizioni -ecco le preoccupazioni- cosa potrà accadere quando questa grande massa di nuovi macchinari entreranno in esercizio? Come reagirà il mercato di fronte ad un aumento consistente dell’offerta a parità di consumi? È possibile ipotizzare seriamente una realistica espansione economica o, piuttosto, si sta alimentando una nuova bolla speculativa che aprirà la strada all’ennesima crisi? Infine, la domanda delle domande: da un simile scenario l’economia italiana potrà, ragionevolmente, trarne dei benefici? Domande pungenti e sagge da indagare con urgenza alla luce di una situazione economica ancora difficile ed ulteriormente appesantita dalle più recenti vicende internazionali che rischiano di soffocare quel barlume di fiducia che sembra aver riacceso anche la domanda interna.

Le risposte possibili dipendono da molti fattori uno dei quali (forse il più semplice da monitorare ed analizzare) è certamente il margine di guadagno. Un parametro che varia considerevolmente da settore a settore. Laddove il margine di profitto, infatti, è più elevato c’è da immaginare che i nuovi investimenti generino, da un lato, il consolidamento dei produttori maggiori e, dall’altro, la creazione e strutturazione di un nuovo cuscinetto di imprese medie (quel target di imprese spazzate via dalla crisi e su cui punta molto il QE) quale risultato di un rafforzamento di alcune realtà esistenti e la nascita ex-novo di una nuova generazione di business. Tutto ciò porterà prevedibilmente ad un irrobustimento dell’indotto e dell’intera filiera di comparto con una ricaduta positiva sull’occupazione.

Sul versante del mercato l’infoltimento della base produttiva indurrà una maggiore competizione con conseguente calmierazione -verso il basso- dei prezzi al consumo (maggiore offerta=prezzi più bassi) ed una conseguente, ma tutto sommato sostenibile, riduzione del margine di guadagno. Altro scenario può essere invece ipotizzato per quei settori importati dell’economia nostrana come il mondo del tissue e della carta in genere (ed altri comparti energivori), che, con il tempo, hanno visto assottigliarsi la differenza tra ricavi e costi anche grazie all’ascesa della bolletta energetica. Per questi settori la dinamica iniziale prevedibile appare assomigliare molto all’andamento già descritto per i settori ad elevato profitto: maggiore produzione, abbassamento dei prezzi, rafforzamento dei gruppi più affermati e la nascita -anche in questo caso- di una nuova classe di imprese medie destinata però -ed ecco la differenza- nel breve-medio periodo a non tenere il passo della concorrenza divenendo -in gran parte- facile terreno di “conquista” per i gruppi maggiori.

Acquisizioni che porterebbero in dote ai colossi sia un ulteriore sviluppo della rete di produzione con la riduzione della distanza azienda-mercato ed una conseguente riduzione dei costi (soprattutto di trasporto), sia un significativo aumento della produzione. Condizioni utili ad un abbondante reintegro della quota di profitto eventualmente persa al momento dell’entrata in esercizio dei nuovi macchinari frutto degli investimenti sostenuti dal QE con tassi d’interesse più bassi di sempre. Al netto quindi di preoccupazioni assai motivate e verso le quali è bene mantenere ferma e vigile l’attenzione, le prospettive a breve, medio e lungo termine aperte dall’iniziativa della Banca Comune Europea, appaiono assai interessanti anche per l’impresa italiana.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:23