L’Italia e il futuro economico-sociale

Il futuro economico sociale del Paese è negli investimenti che diano produzione e lavoro, è nel rapido passaggio al voto elettorale per avere governi e parlamenti eletti, è nelle privatizzazioni del sistema in senso liberale e di mercato, è nello Stato minimo, nel mercato.

Immettendo nello Stato, a carico della spesa pubblica, ed elevando così il debito pubblico alle stelle, Renzi non sta facendo niente di tutto questo. Profitta della produzione degli eroi imprenditori sopravvissuti a Napolitano e alle sue scelte anti democratiche, di sinistra non legittima e non eletta al potere, imprese oggi per lo più fuggite all’estero e ad esportare il più possibile lontane dalla “giustizia”(non giustizia) italiana. Renzi ha espanso e appesantito lo Stato, zavorrando l’apparato e portando a casa tutto quello che ha potuto e può per sé, amici e parenti. Questo è il governo Renzi, non eletto, illegittimo al pari dei due precedenti di Napolitano, governo Monti e governo Letta.

Per dirla in maniera ancora più chiara, l’Italicum di Renzi toglie potere di espressione alla volontà dei cittadini italiani tutti consegnandolo alle Regioni che, insieme alle Province (mai abolite), sono l’idrovora malsana della spesa pubblica; il tempo indeterminato dello Jobs act, non solo non darà lavoro ma ingesserà l’esistente, non si assumerà, per non parlare degli ingolfamenti alla giustizia; i tagli alla spesa pubblica li ha portati con sé Cottarelli mandato di fatto a quel Paese, mentre il marito della Madia e la sinistra imbrogliona al potere, drena per sé nostri soldi, pubblici, alla faccia di ogni possibile taglio; la pressione fiscale è alle stelle e i liberi professionisti perennemente minacciati da vessazioni e controlli da parte del settore pubblico parassita; la “riforma” a parole della magistratura prevede una responsabilità dei giudici che produce una situazione tale e quale a prima, con il peggioramento del fatto di non avere capito, anche lì, dove si sarebbe dovuto andare a colpire; la scuola viene fatta per assumere i precari a tempo indeterminato in vergognoso spregio degli studenti italiani tutti e di ciò che non verrà mai dato loro, cioè una scuola che consenta loro di esistere nel mondo globalizzato (in compenso avremo assunto a vita la moglie di Renzi).

L’Italia, dopo questi tre governi imbroglio di sinistra, è disoccupata e espatriata, all’estero, i più svelti con un low cost da ottanta euro, quegli stessi elargiti da Renzi per rubare il governo e coprire le magagne parentali e amicali. La politica sbagliata di sinistra, non legittima al governo, ci è costata ad oggi dieci milioni di disoccupati, mezzo milione di posti di lavoro persi dal 2008 nell’industria, crisi che hanno affossato e che stanno affossando in questo stesso momento pezzi di tessuto produttivo superstite e l’intera occupazione. Migliaia di persone sono state da travolte da fallimenti, da licenziamenti collettivi, migliaia di lavoratori non certo prossimi alla pensione sono in mobilità. Bisogna dare lavoro, orientare l’Italia alla produzione. Approfittare della congiuntura favorevole data dalla liquidità Bce e dal costo del petrolio e dal cambio dollaro/euro per incanalare le risorse in investimenti che diano lavoro produttivo, produzione effettiva. Defiscalizzare ed implementare dove c’è, perché sopravvissuta.

E agevolare fiscalmente la creazione dove non c’è, al sud ad esempio, crearla, avviando un processo di progressiva sostituzione dell’assistenzialismo statale con produzione economicamente autonoma, servendosi di un’ iniziale collaborazione e sinergia pubblico/privato, ma arrivando nel giro di una quindicina d’anni a creare strutture autonome economicamente, private. L’Italia autonoma economicamente e competitiva nel mondo necessita di rivedere le regole dei suoi rappresentanti e della politica, oggi inutilmente a ridosso dello Stato, senza effettiva reale utilità. Si regolamentino i partiti politici, si snellisca l’intero apparato istituzionale, mantenendo le decisioni circa chi governerà lo Stato minimo, cioè fatto di pochi servizi pubblici essenziali, in capo ai cittadini. Democrazia, Stato minimo, pochi servizi a fronte di tassazione minima, produzione e produttività autonome. Molta produzione. Vogliamo uno Stato minimo, una società “leggera”, liberalismo e mercato, interno e globale.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:26