L’economia va male? Bravo! Grazie!

Il mondo è cambiato ma noi non ce ne siamo accorti: una volta, quando le politiche economiche del Governo non davano i frutti sperati, le opposizioni urlavano al disastro e non erano certo una voce isolata nel contesto generale. Urlavano i sindacati, urlavano i giornali, urlavano le associazioni datoriali. Toccava al Governo dire che c’erano stati dei piccoli problemi congiunturali e che l’appuntamento con la ripresa era solo rimandato ma comunque dietro l’angolo. Tempi andati e vecchio stile che tanto puzza di residuato bellico anche un po’ triviale e poco politically correct.

Questa è l’epoca del Nazareno, cari boccaloni legati al passato che starete sicuramente annuendo, quella che ha superato i vecchi steccati bipolari e che ha inaugurato la “frammentazione armonica”, una sorta di “decrescita felice” in cui non si sa chi stia con chi e, soprattutto, come stiano realmente le cose.

Tutto va ben madama la marchesa e non lo dice solo Matteo Renzi rivolgendosi ai gufi che gli remano contro, ma lo dice anche Confindustria che, se solo due settimane orsono salutava la ritrovata crescita, oggi, di fronte ai dati poco incoraggianti che giungono dall’Istat, rettifica la propria valutazione facendo laconicamente spallucce e dicendo che la ripresa che doveva arrivare questo mese, arriverà sicuramente il prossimo. Anche sui giornali, i dati negativi finiscono a pagina 23, per quelli filo governativi, mentre vengono derubricati a pagina 4 (e per dovere di cronaca) per quelli verosimilmente di opposizione.

Ed è così che l’Italia della Terza Repubblica si entusiasma per una previsione (sì, una previsione) di crescita del Prodotto interno lordo dello 0,1 per cento (e non so nemmeno se tecnicamente possa definirsi crescita), mentre minimizza un dato reale che porta a -0,7 per cento la produzione industriale (su base mensile) per il mese di gennaio 2015.

Il rapporto debito/Pil è balzato al 132,1 per cento ( il massimo dal ‘95)? Niente paura, sono bazzecole, entusiasmiamoci invece per il calo della disoccupazione dello 0,1 per cento (dal 12,7 a 12,6, anche se un dato così brutto non lo si vedeva dal ‘77). La pressione fiscale, che nel 2014 si è fermata al 43,3 per cento, quest’anno, secondo le stime del Governo, salirà al 43,4 per cento e poi al 43,6 per cento nel 2016? Mica possiamo stare lì a sottolineare queste bagattelle quando in ballo ci sono misure come gli 80 euro o lo Jobs act (che si preannuncia ad impatto prossimo allo zero).

Si badi bene, il Premier non ha nemmeno bisogno di dissimulare le sconfitte in ambito economico perché è tutto un coro di apprezzamenti confindustriali che assomigliano tanto allo sketch di Petrolini: “Bravo! Grazie!”.

Dal canto suo l’opposizione sembra assopita, come se si dovesse sospendere ogni attività fino all’assoluzione di Berlusconi e come se l’assoluzione del Cavaliere potesse in qualche modo porre riparo alle lacerazioni che nel frattempo hanno devastato Forza Italia, rimasta per troppo tempo in balìa del primo che si alzava la mattina, di qualche consigliere inadatto e senza un minimo di linea politica. Ciò ha provocato un’emorragia di voti e di credibilità difficilmente recuperabili, a meno che qualcuno non creda nei poteri divini di Berlusconi il quale, per il sol fatto di scendere in campo per l’ennesima volta, porterà in cascina tutto il fieno che gli altri hanno perso. Improbabile tanto quanto la ripresa… quella che è sempre dietro l’angolo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:23