Ue, la stabilità solo  con l’unione politica

In un’unione monetaria le decisioni politiche economiche dei singoli Stati hanno effetti sugli altri Stati membri. Se il Lussemburgo fa di se stesso un paradiso fiscale per anni, di cui una quindicina sotto la guida di Jean Claude Juncker attuale Presidente della Commissione europea, a scapito degli altri Paesi dell’Unione, l’effetto è il vantaggio straordinario economico per il Lussemburgo e lo svantaggio per tutti gli altri Paesi.

Se la Germania, come fa da più di una decina d’anni a questa parte, incurante di qualsivoglia invito o ammonimento da Stati Uniti, Fondo monetario internazionale e Commissione europea stessa, esporta più di quanto consentito dall’Unione europea violandone le regole date, con ciò arricchendosi sulle spalle e a svantaggio di tutti gli altri Paesi membri, l’effetto è quello dell’impoverimento di tutti gli altri Paesi e dell’arricchimento straordinario della sola Germania. Saremo tutti uguali, noi cittadini europei, ma ce n’è più d’uno più uguale di altri. La Banca centrale europea ha il compito di garantire la stabilità dei prezzi, essendone responsabile per 19 Paesi. Non ha passivi e ogni anno distribuisce utili pari a miliardi di euro ai suoi membri.

Li distribuisce ad esempio alla banca centrale tedesca Bundesbank che li trasferisce poi al suo ministero delle finanze e quindi ai cittadini tedeschi che ne traggono vantaggio tramite crediti pubblici e privati straordinariamente favorevoli. E’ noto che il mandato della Banca centrale europea non sono le riforme dei Paesi membri per il quale non ha alcuna legittimazione democratica, ma è la stabilità monetaria all’interno dell’Unione da perseguire tramite un tasso di inflazione sotto il due per cento per l’intera Eurozona. L’inesistenza di mandato e legittimazione democratica riguardo le decisioni politiche all’interno degli Stati membri mal si coniuga con la richiesta spedita nel 2011, per lettera a nome dell’ Europa, all’allora governo italiano legittimamente eletto, con cui Mario Draghi e Jean Claude Trichet, allora presidente della Bce, annunciavano, “in mancanza di fatti concreti, la sospensione del programma di riacquisto di Bot e Btp da parte della Banca centrale europea”. Da cui le errate dimissioni del governo eletto e l’ingerenza illegittima della Bce all’interno dell’assetto democratico di uno Stato sovrano europeo.

La Banca centrale europea oggi tenta di tenere bassi gli interessi e mira a una politica monetaria espansiva in modo da accompagnarne una possibile crescita. Si dovrebbe così potere avere un aumento delle erogazioni di crediti alle imprese e queste potranno aumentare la propria produttività, divenendo maggiormente competitive. Tendenzialmente in periodi di inflazione si devono alzare gli interessi perchè in tal modo aumenti il prezzo del denaro, si riduca il volume dei mezzi di pagamento in economia e la pressione sui prezzi e i salari si alleggerisca. Se si è in deflazione, i prezzi cominciano a scendere, le popolazioni credono che non risalgano più e che piuttosto continueranno a scendere dunque le cose saranno più a buon mercato, la produzione scende, i prezzi diminuiscono ulteriormente e l’economia rallenta fino a fermarsi del tutto. Si tratta della spirale negativa deflazionistica, da contrastare solo con il rendere credibile il raggiungimento di un obiettivo di inflazione. Per conseguirlo, è necessario attuare in genere una politica monetaria espansiva.

Dato che in Europa è oggi impossibile abbassare ulteriormente il tasso di interesse perché più di com’è non è possibile, si ricorre, quale politica monetaria espansiva, ancora una volta a mezzi non convenzionali, cioè atti a modificare le dimensioni e la composizione del bilancio Bce. Da qui il probabile, prossimo piano quantitative easing.

Non è buona politica, in qualsivoglia ambito, correre dietro alle emergenze ponendo in essere una folta serie di eccezioni e strappando di volta in volta, in base unicamente a ciò che si crede nel dato momento, quanto previsto e stabilito. In genere le costruzioni comuni, essendo il risultato ultimo di ciò che l’insieme vuole e desidera essendosi espresso in tal senso, si fondano e reggono su quelle volontà. Non si può prescinderne. La costruzione europea è attualmente monca, manca cioè la parte più importante, quella politica, senza la quale si è destinati tutti ad assistere impotenti a lacerazioni, iperboli, crisi e difficoltà difficili da circoscrivere e limitare.

La stabilità e la prosperità dell’area euro, in qualsiasi sua parte, “passano” e dipendono strettamente dallo sviluppo democratico di ogni sua parte. La condivisione di maggiore sovranità, al fine di realizzare un’autentica Unione economica può avvenire unicamente con i necessari passaggi di legittimazione democratica. Ciò va ben oltre la creazione di piani risolutori o il rafforzamento delle procedure esistenti. Significa governare insieme, passare dal coordinamento a un processo decisionale comune, da regole a istituzioni.

Al fine di completare l’Unione monetaria è necessario cioè creare e rafforzare l’Unione politica, definendone contorni, ambiti, diritti e doveri in una nuova Europa, rinnovata completamente nel suo assetto istituzionale.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:20