Euro: lo stato delle cose

Secondo il parere della Corte di Giustizia Europea emesso il 14 gennaio, le Outright Monetary Transactions (Omt, letteralmente, transazioni monetarie dirette) il programma di salvataggio annunciato da Mario Draghi nel 2012 e mai applicato per l’opposizione della Germania, rispetterebbe i trattati europei. L’Otm prevedeva che la Banca Centrale Europea acquistasse nel mercato secondario un “ammontare illimitato” di titoli con scadenza massima di tre anni con l’obiettivo di sostenerne le quotazioni e ridurre il costo di indebitamento ai governi. Tuttavia, l’idoneità al programma era subordinato al rispetto di target fiscali fissati dalla Troika e avrebbe comportato cessioni di sovranità. Ovviamente, nessun Paese vi aderì ma bastò l’annuncio del programma per sedare i mercati. Si disse che Draghi aveva salvato l’euro, ma in realtà gli permise solo di tirare a campare e infatti da allora la situazione è peggiorata a tal punto che ora si renderebbe necessario il Quantitative easing (Qe) a cui ora il parere positivo della Corte UE spiana la strada. Il Qe differisce dalle Omt, perché mentre queste ultime consistono nell’acquisto di titoli nel mercato secondario con vendita simultanea da parte delle banche di altri titoli per sterilizzare la nuova liquidità, il Qe invece è inflazionario in quanto la Bce, acquistando direttamente il debito dei governi e monetizzandolo aumenta la liquidità. L’obiettivo è quello di contrastare la deflazione e finanziare lo sviluppo. Ora Draghi, incoraggiato dal parere della corte di giustizia, dovrebbe attivare l’operazione.

Frankenstein monetario

Ma il parere “non vincolante” della Corte UE è manifestamente “politico” perché le Omt violano di fatto l’articolo 125 (clausola di no bailout del Trattato sul funzionamento dell’Ue (TFEU) che recita: “La UE non risponde né si fa carico degli impegni assunti dalle amministrazioni statali o altri enti regionali e locali, cioè ogni stato è responsabile delle proprie finanze e del proprio debito”. E siccome i padri della unione monetaria volevano che la Banca centrale fosse messa al riparo dalle pressioni di monetizzazione dei debiti, inserirono nello statuto della Bce anche l’articolo 123 che vieta all’istituto di acquistare il debito direttamente dai governi. Essi volevano che l’unione monetaria non si trasformasse, monetizzando il debito, in “unione del debito”; che l’indipendenza della Banca centrale fosse preservato, che i paesi membri fossero responsabilizzati e che la qualità e solvibilità della valuta comune fosse tutelata.

Ora, poiché il Qe non è altro che monetizzazione tout court del debito, contravviene ancora di più dell’Otm al trattato europeo e la questione della sua legittimità costituirà ancora oggetto di conflitto con la Germania. Ma, questioni giuridiche a parte, che potrebbero essere aggirate o risolte, la questione cruciale è se il Qe risolva o meno l’emergenza economica. Il Qe fu inventato nel 2001 dal Giappone per combattere la deflazione ma usando questo strumento finanziario “non convenzionale” il paese si è impantanato ancora di più nella crisi e ha svalutato la propria moneta, tradizionalmente, la più forte del commercio mondiale. Pure in Usa non ha dato alcun esito anche se la propaganda dei media e le manipolazioni sul Pil cercano di dimostrar il contrario. Perché dunque il Qe dovrebbe funzionare per l’euro? Se ha fallito in aree economicamente omogenee figuriamoci cosa potrebbe succedere in un’area che accomuna 17 stati con 17 banche centrali, con economie e politiche fiscali completamente diverse e con una politica monetaria comune.

L’euro è un Frankenstein finanziario, un esperimento degenere e pertanto qualsiasi tipo di stimolo può solo provocarne ulteriori convulsioni come l’evidenza empirica ha documentato:bolle finanziarie, trasferimenti di ricchezza, alterazioni del funzionamento dei mercati del credito e crisi nei mercati valutari. E’ perfino bastato l’annuncio per indurre la banca centrale svizzera a sganciare il franco dall’unione monetaria di cui, attraverso il cambio fisso con l’euro, di fatto faceva parte.

Il Qe nella realtà

La Bce ha già attivato il Qe nella seconda metà dello scorso anno per facilitare il finanziamento del settore industriale (Targeted Long Term Refinancing) immettendo liquidità a fronte di asset backed securities; riducendo il costo dei prestiti alle banche dallo 0.15 allo 0.05% e imponendo un tasso negativo del sui deposti alla Bce del-0.20%. per costringerle a fare prestiti. Questo stimolo, da una parte non ha prodotto un euro di crescita, dall’altra, ha contribuito grazie al tasso negativo interbancario, a fare scappare i capitali in euro per investirli nel dollaro che, infatti, si è rivalutato. L’operazione, nella sostanza è stata l’equivalente di una tassa trasversale a tutta l’eurozona di cui nessuno pare si sia accorto. Degli insuccessi delle politiche monetarie non si hanno mai dei feedback e l’opinione pubblica restandone all’oscuro si associa all’opinione ossequiosa dei media che continuano ad orchestrare la propaganda in favore dell’espansione monetaria a beneficio dei poteri finanziari.

Il Qe che si vorrebbe ora attuale è politica fiscale mascherata da politica monetaria. Infatti la maggior parte dei paesi dell’unione non potendo attuare una politica fiscale espansiva, la delegano alla la banca centrale che, finanziandoli in modo diretto, di fatto, esercita il ruolo di salvatore di ultima istanza dei governi. Ma non si è ancora capito che, tecnicamente, una banca centrale non può salvare i governi in quanto il passivo del suo bilancio che è costituito dalla valuta che emette, non può essere garantito, all’attivo, da un collaterale rappresentato dal debito insolvente dei governi.

In altre parole, nell’economia non può circolare debito che non sarà mai pagato. L’aumento di liquidità apportato dal Qe è liquidità scambiata con nuovo debito che serve solo a pagare il servizio crescente del debito stesso, il che significa che la moneta non circola più per creare beni, fabbriche e industrie ma per... pagare se stessa. Non è questione opinabile, è matematico e spiega perché il meccanismo di trasmissione monetaria non arriva a finanziare il sistema economico. Il paradosso è che più liquidità viene emessa, più il sistema entra in depressione e siccome un sistema monetario che non riesce a finanziare l’industria è un fallimento, l’euro, intrinsecamente, è già fallito. Non crediamo che Mario Draghi dia la stura al Qe nella misura annunciata, ma lo ridimensioni in considerazione soprattutto del fatto che la banca centrale svizzera ha sfiduciato l’euro. Ma potrebbe anche accadere, come sostiene Goldman Sachs, che, date le circostanze, il Qe europeo venga attuato anche in misura maggiore rispetto a quella prevista. In questo caso aspettiamoci nei mercati valutari nuovi fuochi d’artificio.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 18:36