Strumenti derivati,  i conti non tornano

Da tanto tempo segnaliamo l’esistenza di una partita di derivati che pericolosamente pesa sui conti pubblici, finalmente anche sul Corriere della sera è apparso in un articolo lo scottante tema. Si parla di 160 miliardi di euro, secondo noi forse di più, che non solo ballano minacciosamente intorno al già ciclopico debito italiano, ma che per favoritismo sono stati garantiti dalle casse dello Stato, alle banche, per evitare l’apertura di ulteriori buchi nei bilanci degli istituti di credito.

Che Governo e maggioranza, attuale e passati, abbiamo sempre avuto nei confronti delle banche particolare benevolenza è sotto gli occhi di tutti, ma che si possa arrivare a mettere a rischio il tornaconto del sistema paese intero, è davvero inaccettabile. Ancora di più lo è in un passaggio come questo, all’interno del quale si sottopone la gente a sacrifici fiscali insopportabili e persecutori. Come se non bastasse, gli istituti di credito per ringraziamento, anziché favorire l’accesso all’erogazione di liquidità, lo hanno progressivamente irrigidito in ogni modo possibile e immaginabile.

Di fronte a ciò il silenzio del Governo la dice lunga, su quanto sia debole e succube, per colpa o per timore. Fatto sta, che la partita dei derivati continui ad essere una mina vagante che resta lungi dall’essere chiarita e risolta, anzi, la consapevolezza della sua pericolosità costringe i governi a rimandare, tamponare, cercando così di prendere tempo. Insomma, si nasconde la polvere sotto il tappeto, solo che questa polvere non è una sporcizia qualsiasi, ma un pulviscolo pirico ad altissimo contenuto esplosivo. Negli anni passati, a partire dagli enti locali, l’utilizzo di speculazioni intorno a questi prodotti finanziari, è stato ingente, oltretutto avvenuto nella più parte dei casi con disinvoltura e scelleratezza e senza i dovuti controlli e approfondimenti.

Le esplosioni di bolle sui mercati, l’andamento dei tassi, la volatilità delle borse, hanno fatto il resto ed oggi la frittata è più cotta che mai. Servirebbe davvero una indagine profonda attorno al problema, non solo per chiarirne i contorni, ma per scoprirne la vera dimensione e le responsabilità collegate, visto che solo tamponare una falla, che resta tale e quale, ci costa l’osso del collo.

Insomma, questa come tante altre rappresenta la storia di un paese che è precipitato all’inferno che viviamo, a suon di scandali, ruberie, azioni spregiudicate e quanto altro di peggio, a causa di una classe dirigente largamente incapace e disonesta. Il salatissimo prezzo di ciò, lo hanno pagato e lo pagano gli italiani attraverso una tassazione vergognosa anche dell’aria che respirano e nulla si fa per capire che la corda stia per rompersi e la causa sarà proprio quella fiscale. Stiamo dunque arrivando al collo dell’imbuto, ce lo dicono i fenomeni sociali in giro per l’Italia, ce lo dice il livello di contenzioso con equitalia, ce lo segnalano tutti gli indicatori macroeconomici.

E’ tutto talmente palese da non poter credere che il Governo non se ne avveda, lo ha capito l’Europa che ci rimanda, le aziende di rating che ci declassano, gli analisti finanziari internazionali che ci osservano con preoccupazione, tutti hanno capito tranne Renzi e i suoi esperti.

I nodi arriveranno al pettine e il 2015 è pronto a partire sotto questa luce che tutto fa piuttosto che brillare, al contrario genera ombre da far tremare i polsi, ecco perché il bravo Mario Draghi sta impegnando tutto se stesso per contrastare una valanga potenziale. Siamo insomma, al redde rationem, sia quel che sia, speriamo bene, su questo sentimento, almeno, le tasse ancora non hanno posato gli occhi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:19